Slow Food, da Venezia 10 mila orti in Africa

VENEZIA. Diecimila orti in Africa. Un sogno da realizzare, una sfida da vincere. Slow Food sbarca in laguna per aiutare il continente africano. La Fondazione - nata a Bra (Cuneo) nel 1986 - sostiene un progetto per le economie locali e la biodiversità. Ad oggi sono stati realizzati 2.500 orti. Ora Slow Food rilancia e parte da Venezia.
Un orto costa 900 euro che servono per comprare zappe, carriole, innaffiatoi, recinzioni, per pagare il lavoro e la formazione dei responsabili africani, per garantire borse di studio ai giovani. Al progetto hanno aderito i ristoranti della Buona Accoglienza che sono quattordici così come quattordici saranno gli orti. Ciascun appezzamento riporterà il nome dei locali che hanno sostenuto l’iniziativa: Al Covo, Al Gatto Nero, Alle Testiere, Antiche Carampane, Corte Sconta, Da Ignazio, Estro, Fiaschetteria Toscana, Il Ridotto, Osteria da Rioba, Osteria Tre Fanti, Wildner, Riviera, Vini da Gigio. I ristoranti, inoltre, ospitano gli stage degli studenti dell’istituto alberghiero Barbarigo per infondere la passione alla ricerca del prodotto di qualità e delle tradizioni culinarie nostrane. Sulla scia di questo impegno, ieri mattina nella sala e nel chiostro di Sant’Apollonia si è tenuto un incontro ed è stato aperto un mercatino benefico.
I protagonisti sono stati i produttori locali e i loro prodotti. Alcuni. La biofattoria “Il Rosmarino”, 18 ettari, si trova a Marcon. E’ nata nel 1993. Cristina Fornasier ha lasciato un lavoro d’ufficio per dedicarsi all’agricoltura biologica: «Negli ultimi anni l’azienda si è impegnata in un progetto di cereali antichi, come il farro monococco, il primo cereale usato dall’uomo, e ortaggi dimenticati, come la pastinaca. E’ una radice, una specie di carota bianca, utilizzata al tempo dei romani». Un’altra azienda, la Biosmart di Vetrego, Mirano, 15 ettari. Nata un anno fa la gestiscono Matteo Bartolini, dottore forestale, e Carlo Vianello, laureato in economia: «Puntiamo sui semi naturali antichi, in particolare sulla bietola rossa e colorata. Le multinazionali, o quelle che vengono etichettate agricolture di massa, propongono un unico prodotto standardizzato». Tra le associazioni Laguna nel bicchiere – Le vigne ritrovate che in collaborazione con le scuole elementari Diaz e Gallina hanno promosso una raccolta di olive.
Entusiasti gli alunni. Giulia scrive: “Scusateci ulivi se vi abbiamo scosso. Vi do una buona notizia: le vostre olive bellissime sono diventate olio”. E Sofia: “Con i soldi dell’olio che è stato fatto con le tue olive aiuteremo le persone povere”. John Wanyu di Slow Food, studente ugandese di scienze gastronomiche, ricorda: «Dobbiamo sensibilizzare gli africani. Purtroppo le multinazionali controllano i nostri Paesi».
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