Simula l’asma per evitare l’alcoltest automobilista condannato in Cassazione

Era ben oltre il limite di 0,50 grammi di alcol per litro di sangue, ma ha finto di stare male
Immagine di archivio di un controllo
Immagine di archivio di un controllo

NOALE. La prima soffiata nell’etilometro aveva sentenziato che l’automobilista era ben oltre il limite di 0,50 grammi di alcol per litro di sangue. Il responso del controllo da parte della polizia locale era stato di 1,12 grammi per litro, ovvero più del doppio. Il conducente dell’auto era stato fermato poco prima dalla pattuglia per un controllo. Impossibile per i vigili non tirare fuori la paletta di fronte a quell’auto che sopraggiungeva con una andatura irregolare. Dopo la prima soffiata, l’automobilista aveva lamentato una crisi asmatica che gli aveva impedito di sottoporsi alla seconda misurazione. Il dato del suo stato di ebbrezza si era fermato quindi a 1,12. Su questa base, l’uomo è finito a processo davanti al giudice veneziano e poi in Corte d’Appello per i reati di guida in stato di ebbrezza, aggravato per aver commesso il fatto in orario notturno, e di rifiuto di sottoporsi all’esame alcolimetrico, venendo condannato.

«Sulla base di accertamenti medici, i giudici di merito appuravano che l’imputato non era affetto da asma e che pertanto la motivazione addotta dallo stesso per sottrarsi alla seconda prova era pretestuosa», si legge nella sentenza della Cassazione, dove il procedimento è arrivato su istanza dell’automobilista. I giudici romani hanno rigettato il ricorso sostenendo che «È sufficiente anche una sola misurazione che produca risultati rientranti nelle fasce previste, ove essa sia corroborata da elementi sintomatici dello stato di ebbrezza desumibili dagli atti», nel caso specifico l’alito vinoso e l’andatura dell’auto. Quanto al rifiuto, la Cassazione ha ritenuto corretto quanto deciso dai giudici di merito, ovvero che l’imputato volontariamente non ha voluto soffiare la seconda volta. L’asma, insomma, era una scusa. —

Rubina Bon
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia