Silvia è libera: «Verità venuta a galla»
MEOLO. Quando il suo avvocato le ha comunicato che era tornata a essere una donna libera, Silvia Cannavina non è riuscita a trattenere le lacrime: «Finalmente è emersa la verità», ha detto al suo legale, Ivonne Tanieli. Ieri, il giudice per le indagini preliminari Umberto Donà ha stracciato ogni misura cautelare a suo carico. Da ieri mattina non è più agli arresti domiciliari. La misura si era resa necessaria dopo la sua confessione, avvenuta giovedì sera di fronte al pm Gabriella Cama. Aveva detto di aver colpito poche ore prima Paolo Andreetta, 50 anni, al culmine di un litigio.
Ma quella versione, resa sotto choc, presentava fin da subito molte incongruenze. Prima su tutte, le dichiarazioni della stessa vittima: Andreetta, ricoverato nell’Unità coronarica del Ca’ Foncello, ha sempre affermato che Silvia non l’aveva colpito volontariamente. Stavano discutendo, certo, ma nessuna volontà di ferire. Secondo quanto ricostruito dalla stessa Cannavina di fronte al gip (è ancora formalmente accusata di tentato omicidio) non c’è stata alcuna volontarietà nel suo gesto. La lite c’è stata, questo è dato per scontato, ma si è trattato di un normale battibecco sul lavoro. E il coltello? Silvia stava preparando i tramezzini mentre discuteva con Paolo. Pare che in un gesto di stizza abbia sollevato il coltello e poi sia accaduto l’imponderabile. Andreetta si sarebbe avvicinato, lei non sarebbe arretrata. Ed ecco che la lama si è conficcata nel torace del titolare del Petrol bar di Roncade, lungo la Treviso Mare. Immediati i soccorsi e l’intervento dei carabinieri.
Subito il ferito ha affermato che si era trattato di un incidente, che la sua dipendente e amica non aveva fatto apposta. Ma le indagini dovevano seguire la loro strada. Ed ecco il primo interrogatorio, di fronte ai carabinieri e al pubblico ministero titolare del fascicolo di indagine, Gabriella Cama. La donna, 32 anni, originaria di Meolo e da poco residente a Monastier, prima ha cercato di difendersi dicendo di non averlo fatto apposta, che era stato un terribile incidente. Poi nella sua mente deve essere scattato qualcosa. Vuoi la paura, vuoi lo choc, ha sussurrato di aver colpito il suo titolare volontariamente. Ecco che è scattata l’accusa, pesante come un macigno, di tentato omicidio e la necessità di ricorrere a una misura cautelare.
Venerdì, dal letto d’ospedale, il cinquantenne trevigiano ha preso le difese del suo presunto aggressore: «Forse non aveva una vera e propria volontà di ferirmi. La sua era più che altro una minaccia». «La discussione è nata attorno alla preparazione della pastasciutta. Ma abbiamo litigato tutti e due, e in casi come questi la colpa è di entrambi», ha affermato Andreetta. «Io mi assumo la mia parte di responsabilità e spero che Silvia torni libera quanto prima perché è una brava ragazza. Se non fosse stata lei a insistere per chiamare l’ambulanza, io non l’avrei fatto e forse non sarei neppure qui».
Ora Silvia Cannavina è libera, ma il procedimento giudiziario a suo carico non si fermerà. Tutto da vedere, alla luce dell’interrogatorio di garanzia, se reggerà ancora l’accusa di tentato omicidio. Con ogni probabilità l’ipotesi di reato sarà di gran lunga alleggerita. Ieri la notizia della scarcerazione di Silvia Cannavina ha ovviamente reso felice la sua famiglia. A stretto giro si presenterà in ospedale per far visita al suo datore di lavoro.
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