«Siamo innocenti». In Corte d’Appello sfida di Orsoni e Piva contro la prescrizione
VENEZIA. L’assoluzione per prescrizione può stare stretta all’imputato che si professa innocente. Perché, di fatto, è una assoluzione non nel merito, ma basata solamente sul troppo tempo trascorso dalla commissione del reato. Sta certamente stretta a due dei principali imputati nel processo Mose: l’ex sindaco Giorgio Orsoni e l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. Entrambi, assolti per prescrizione da parte delle accuse mosse dalla Procura veneziana, hanno presentato appello per ottenere l’assoluzione nel merito. Le loro posizioni e quelle degli altri quattro imputati - l’ex ministro Altero Matteoli (nel frattempo deceduto), gli imprenditori Erasmo Cinque e Nicola Falconi e l’avvocato Corrado Crialese - che hanno impugnato la sentenza di primo grado saranno al centro del processo che si apre questa mattina alle 10 a palazzo Grimani, a Venezia.
appello rapido
Il secondo atto del maxi processo sul sistema corruttivo creato attorno al sistema per proteggere la città storica dall’acqua alta potrebbe concludersi già in serata o al massimo in una prossima udienza. Nulla a che vedere con il processo monstre di primo grado con 32 udienze dibattimentali più 11 preliminari. A sostenere l’accusa, il sostituto procuratore generale Alessandro Severi. Il processo sarà celebrato davanti alla seconda sezione penale presieduta da Carlo Citterio.
orsoni e piva
Entrambi usciti dal primo grado con una assoluzione per prescrizione, puntano all’assoluzione nel merito. L’ex sindaco per la questione dei finanziamenti in nero per la campagna elettorale: il tribunale aveva ritenuto credibile l’ex segretario di Mazzacurati, Federico Sutto, che aveva riferito della consegna di 200 mila euro all’allora candidato sindaco. Ma la sua testimonianza non era stata precisa sulle date delle dazioni: di qui una consumazione generica a marzo 2010, con prescrizione a settembre 2017, prima della sentenza. La difesa aveva presentato un ricorso per saltum in Cassazione sostenendo che la legge sul finanziamento illecito non prevede tra i soggetti il sindaco. I giudici romani hanno mandato la questione in appello. L’ex presidente del Magistrato alle Acque, invece, per l’accusa di essere stata a libro paga dell’allora presidente del Cvn, avendo ricevuto - come riportato nelle motivazioni del primo grado - uno “stipendio” da 200 «mila euro annui.
l’imputato morto
Uno dei nodi su cui certamente ci sarà battaglia oggi in aula sarà quello sulla posizione dell’ex ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli. Il caso è più unico che raro in giurisprudenza. L’ex politico di An è stato condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per aver subordinato la concessione dei finanziamenti per le bonifiche di Porto Marghera al fatto che l’azienda dell’amico Erasmo Cinque partecipasse ai lavori. «Non sono un corrotto e non comprendo questa sentenza verso la quale i miei avvocati ricorreranno. Ho il dovere di credere ancora nella giustizia»: così aveva detto Matteoli dopo la lettura della sentenza il 14 settembre 2017. Nei mesi intercorsi tra il dispositivo e le motivazioni, l’ex ministro era morto in un incidente automobilistico. Era il 18 dicembre 2017. I difensori di Matteoli hanno presentato un ricorso post mortem per chiedere l’assoluzione. Un appello per salvare il buon nome dell’ex politico, anche se deceduto. I legali di parte civile si batteranno per ottenere l’inammissibilità dell’appello in virtù della cessazione della materia del contendere.
gli altri imputati
Hanno presentato appello anche i difensori degli imprenditori Erasmo Cinque, romano, e Nicola Falconi, veneziano, oltre che dell’avvocato romano Corrado Crialese. Costituite in appello anche tutte le parti civili - Stato, Regione, Città Metropolitana, Comune di Venezia e Consorzio Venezia Nuova - per ottenere la conferma dei risarcimenti.
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