«Siamo in caduta libera» Porto, appello disperato

Chioggia. Imprese, agenti e sindacati (Cgil e Uil) si rivolgono al ministro Delrio «Le ultime ordinanze ci stroncano, addio competitività. Posti di lavoro in bilico»
Di Elisabetta B. Anzoletti

CHIOGGIA. Ultimo appello per il porto di Chioggia. Imprese, agenti e sindacati Cgil e Uil chiedono immediate risposte per risollevare le sorti dello scalo affondate dalla riduzione dei fondali e dalla necessità di usare un doppio rimorchiatore per entrare e uscire dal porto a causa dei lavori in corso su un cassone del Mose. L’appello è diretto al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che proprio oggi sarà a Venezia per una visita alle paratie mobili. Si chiedono scavi immediati per riportare il pescaggio a 7 metri, l’inserimento nel piano triennale delle manutenzione ordinarie e che l’extracosto per il secondo rimorchiatore sia sostenuto dal Consorzio Venezia Nuova. Lo scenario, già penalizzato dalla crisi generale, è peggiorato a febbraio con la scoperta dell’insabbiamento dei canali e i successivi rilievi batimetrici. Ora il pescaggio di accesso si ferma a 6.80 metri, quello delle banchine tocca i 7 metri solo in alcuni punti, permettendo un solo attracco di navi grandi per banchina. «Già così l’operatività si è ridotta del 50%» spiega il segretario della Cgil, Renzo Varagnolo, «ma se le cose non cambiano sarà sempre peggio. L’ordinanza che impone l’uso del doppio rimorchiatore per entrare e uscire, ha dato un’ulteriore mazzata perché aumenta i costi di 4000 euro a nave, facendo perdere in concorrenzialità». L’effetto si è tradotto in un calo di 100.000 tonnellate di merce al mese.

«Siamo in caduta libera», sostiene Mauro Marchiori, direttore generale di So.ri.ma, «se i costi diventano uguali o addirittura superiori ai porti vicini, che possono sfruttare pescaggi di 10-12 metri, perché le imprese dovrebbero scegliere il nostro porto? Stiamo perdendo commesse, abbiamo 200 dipendenti diretti e 500 se si tiene conto dell’indotto, che stiamo salvaguardando in tutti i modi, ma a ottobre finiranno gli ammortizzatori sociali e si rischiano forti ridimensionamenti della forza lavoro».

L’appello è alla politica perché si faccia a Chioggia quello che viene fatto a Venezia, ma in parallelo si attendono anche risposte legali. «Abbiamo presentato ricorso al Tar», spiega Alfredo Calascibetta, portavoce del Comitato utenti del porto e di Federagenti, «impugnando la delibera che impone il secondo rimorchiatore. Un extra costo di 4000 euro a nave significa affossare il porto di Chioggia».

«Serve un’autorità portuale vera» conclude Varagnolo, «ora come ora il porto è sotto un comando militare. La Capitaneria lavora bene in termini di sicurezza, ma serve un’autorità che lavori per lo sviluppo dello scalo».

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