Si separano e lui licenzia la ex Il giudice: deve essere riassunta
Ufficialmente il licenziamento dell’impiegata era arrivato perché l’azienda dell’area mestrina che si occupa di zincatura stava affrontando un momento di forte crisi e quindi la proprietà aveva necessità di ridurre i costi, anche dei dipendenti. In realtà, secondo quanto accertato davanti al tribunale del lavoro, il licenziamento era stato ritorsivo e illegittimo. Chi era stata lasciata a casa era la moglie dell’amministratore della società. I due proprio in quel periodo si stavano separando. La giudice Barbara Bortot afferma nella sentenza che esistono «gravi elementi per ritenere che il licenziamento costituisca in via esclusiva la reazione del titolare al rifiuto della moglie, nell’ambito del rapporto estremamente conflittuale tra i coniugi, di cedere la propria quota societaria».
Di qui la decisione del tribunale che è andato a confermare quanto già stabilito nel corso del primo giudizio, ovvero che la donna debba essere reintegrata e le debbano essere pagate, come danno, le retribuzioni dalla data del licenziamento al giorno del rientro in azienda, oltre ai contributi.
La giudice del lavoro si è pronunciata nelle scorse settimane sull’opposizione impugnata dalla ditta dopo che il giudice di prima istanza, a fine 2017, aveva dato ragione alla donna. Il licenziamento risale alla fine di gennaio dello scorso anno, asseritamente per giustificato motivo oggettivo legato alla crisi aziendale. Le mansioni contabili prima assegnate alla donna erano state affidate a una società di consulenza esterna. Ma dopo un mese dal licenziamento, risulta l’assunzione di una nuova impiegata, seppur di livello inferiore rispetto a quello della ex moglie del capo. Scrive la giudice che la donna licenziata «proprio perché dotata di maggiore esperienza e di qualifica superiore, poteva tranquillamente espletare le mansioni affidate alla nuova impiegata». E citando la giurisprudenza sul tema, evidenzia come «Prima di procedere al licenziamento il datore di lavoro, al fine di evitare il recesso, deve offrire al lavoratore la possibilità di impiego in mansioni anche inferiori, purché rientranti nel suo bagaglio professionale».
La ditta in questione, invece, non ha offerto alcuna possibilità di reimpiego alla ex moglie del titolare, assumendo subito dopo un’altra persona per analoghe mansioni impiegatizie. Di qui l’illegittimità del licenziamento visto che il posto di lavoro della donna non è stato soppresso, né le è stato offerto alcunché in alternativa. A ciò si aggiunge che il licenziamento, come stabilito dalla giudice, è stato ritorsivo. A conferma di ciò, una registrazione che la giudice cita nella sentenza nella quale il titolare afferma «di mantenere il posto di lavoro (alla ex moglie) solo dopo “essersi preso la quota”». Conclude la giudice che «La ritorsività del licenziamento a fronte del legittimo rifiuto della lavoratrice di recedere dalle quote societarie costituisce motivo illecito».
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