Si è spento a 92 anni il conte Lodovico Valmarana

Uomo riservato e dotato uno straordinario spirito giovanile ha legato il suo nome a molti eventi culturali cittadini 

Si è spento, all’età di 92 anni, il conte Lodovico Valmarana, discendente dell’antica famiglia aristocratica vicentina e figura di spicco della nobiltà e della vita culturale veneziana. Proprietario di Villa Americo Capra, detta la Rotonda, divideva la sua vita tra Venezia e il suo palazzo sul Canal Grande, l’ottocentesca villa di Saonara, dove amava trascorrere l’inverno, e la villa del Palladio, a Vicenza.

Riservato, dotato di uno straordinario spirito giovanile, ha legato il suo nome a molti eventi culturali cittadini, grazie anche alla passione per la musica della moglie Barbara, da molti anni presidente degli Amici della Musica del Teatro La Fenice.

«Di me vorrei che si scrivesse: nato a Venezia e vissuto alla Rotonda - aveva detto qualche mese fa, confidandosi a un amico giornalista - Ogni volta che la vedo è come la prima volta. A luglio, quando si fa sera, si veste di una luce unica. Io la guardo e mi perdo in estasi».

Il gusto per il bello ha segnato l’intera, lunga vita di Valmarana, a cominciare dal palazzo dove abitava, in calle degli Avvocati. E, naturalmente, la Rotonda, dal 1994 Patrimonio dell’Unesco, splendida dimora di una famiglia che, secondo la leggenda, discende dalla romana gens Maria e ha preso il nome da Valmarana, piccolo centro dei colli Berici che ebbero in feudo dal vescovo di Vicenza. Nel 1031 l'imperatore Corrado II ha concesso ai Valmarana il titolo di conti.

Fu Lodovico ad avviare con cura maniacale i lavori di ristrutturazione di quel luogo «in equilibrio tra segno e immagine», che accusava i segni del tempo. Prima la copertura, poi gli interni, gli intonaci esterni, le fondazioni e le puliture degli affreschi che decorano i monumentali spazi interni del piano nobile e la cupola.

Un lavoro certosino, affiancato in seguito dal figlio Nicolò, con le sue sole risorse. «Mantenere lo splendore di un gioiello ammirato ogni anno da 50 mila persone non è stato semplice. Decisi di far entrare il pubblico agli inizi degli anni Ottanta, dopo che nel 1979 la troupe di Joseph Losey girò qui le scene più tragiche del Don Giovanni - aveva raccontato in un’intervista qualche tempo fa - Ho sempre sentito la villa come un’abitazione. Ci sono cresciuto. Giocavo nei giardini. Mi nascondevo nei passaggi segreti. Mia nonna la comprò nel 1912. Era messa male. Dentro non c’era nulla. Disadorna. Non c’erano mobili. Non c’erano servizi. Fu mia madre ad imporsi con un ultimatum a mio padre Andrea. O viviamo qui o della Rotonda non ne parliamo più. Lui accettò. La mia infanzia l’ho trascorsa qui. Mia madre dormiva al piano nobile. Qualche volta a viverci eravamo anche in 22. Noi, la famiglia, gli amici». Per ammirare la Rotonda sono arrivati reali, scrittori, poeti, artisti, statisti. Fra i più celebri. Fino a ieri era il conte Lodovico, occhi mobili e sguardo intenso, a tenere l’archivio della memoria. Lascia la mogli e i figli Andrea e Nicolò. —

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