Shopping in orario di lavoro ora si offre di risarcire l’ente

Daniele Lugoboni andava a fare compere mentre risultava in servizio nel suo ufficio all’Arpav filmato dalla Guardia di finanza che ha accertato 53 casi. Se paga i danni potrà patteggiare
Di Giovanni Cagnassi

Si è offerto di pagare le ore trascorse a fare shopping, quando invece doveva essere al lavoro. Ieri si è celebrata l’udienza davanti al giudice per le udienze preliminari, Roberta Marchiori, per il rinvio a giudizio richiesto dal pubblico ministero Stefano Ancilotto nei confronti del dipendente dell’Agenzia regionale protezione ambientale (Arpav) Daniele Lugoboni di San Donà, che la guardia di finanza aveva fotografato fuori dell’ufficio con le borse della spesa.

L’uomo si è offerto di risarcire il danno per le ore passate a fare shopping e l’uso dell’auto di servizio. Non si tratta i realtà di una grande cifra, circa 2 mila euro. L’udienza è stata aggiornata all’11 aprile. Se avrà risarcito, potrà allora accedere al patteggiamento. È accusato di reati pesanti, quali peculato e truffa aggravata.

Le fiamme gialle lo avevano fotografato in sella alla sua bici, con tanto di zainetto in spalla. E anche in auto, sempre a fare la spesa. Ed era in orario di lavoro. Era stato così denunciato per truffa e peculato. I militari del nucleo mobile della compagnia della finanza di San Donà lo avevano seguito e osservato per mesi. Così la Procura di Venezia ha concluso le indagini a suo carico.

Sessantenne, addetto a verifiche e accertamenti tecnici nel settore ambientale, si allontanava dal posto di lavoro mentre risultava in servizio per l’intero turno. Le fiamme gialle, nel 2015, hanno iniziato pedinamenti e videoriprese, accertando 53 episodi di assenteismo. Andava al supermercato a fare la spesa, o restava a casa o magari pedalava in bici. In 24 casi accertati dai finanzieri, usava i mezzi di servizio dell’Arpav, sempre per scopi personali. Erano così scattate le perquisizioni negli uffici Arpav di Mestre e di San Donà, grazie anche alla collaborazione dell’ente, e nel suo domicilio. I militari del nucleo mobile hanno acquisito il suo badge elettronico, un computer e la documentazione sul servizio svolto. Poi hanno sentito i suoi superiori e i colleghi, del tutto ignari. Il quadro probatorio era già completo, ma i finanzieri non si sono accontentati: hanno incrociato i dati emersi dai tabulati telefonici dell’uomo e quelli della sua attività lavorativa. Con le celle telefoniche "agganciate" dal suo cellulare sono risaliti ai luoghi in cui si trovava in orario lavorativo. Era sempre in luoghi diversi da quelli in cui doveva essere per lavoro. A volte decideva di non timbrare il badge marcatempo, né in uscita né al rientro. E per non svolgere il turno completo, di nascosto passava il badge segnando un’uscita, lo ripassava dopo circa mezz’ora - il tempo di una pausa pranzo - e si allontanava per poi riapparire davanti agli occhi degli eventuali presenti in uscita per fruire del pasto.

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