Sgravi, hotel e imprese dovranno pagare
Sgravi: il Consiglio di Stato accoglie il ricorso dell’Inps che vuole i soldi che lo Stato ha scontato tra il 1995 e il 1997 a una trentina di società veneziane e chioggiotte. Doccia fredda, dunque, per grossi alberghi, come il Bonvecchiati e il Savoia & Jolanda; per importanti aziende, come l’Italgas e la Tecnomare; per il Casinò del Comune e per numerose cooperative di pesca, come la Camel, la Coopesca, la Coop San Marco Pescatori di Burano, per vetrerie di Murano, come la Vetrai 28, la Cenedese Amelio, ma anche per la Rubelli e la Codess Sociale. Dovranno versare i contributi che allora gli sono stati scontati.
Solo in sette si sono salvati grazie agli avvocati Isabella Gianniotti, Alessio Vianello, Giorgio Orsoni, Mariagrazia Romeo e Franco Stivanello Gussoni: sono le imprese edili Vettore Costruzioni, la Azin Asfalti e la Barbato Costruzioni, la società di navigazione Crismare, il Fenice Hotel, il panificio Rizzo San Leonardo e l’impresa idraulica Maddalena di Cannaregio.
Con la sua sentenza il Consiglio di Stato ribalta la decisione del Tribunale amministrativo regionale veneto che aveva dato torto all’Inps, sposando le tesi di società e imprese veneziane e annullando gli avvisi di addebito. I giudici romani sostengono che gli aiuti di Stato devono intendersi come «misure idonee ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri, devono falsare o minacciare di falsare la concorrenza per il rafforzamento dell’impresa beneficiaria a danno dei concorrenti che sopportano i costi evitati dalla prima». La difesa della maggior parte delle imprese coinvolte ha puntato a dimostrare che l’Inps non avrebbe svolto l’istruttoria per dimostrare caso per caso l’incidenza degli sgravi, atteso che il carattere illecito delle agevolazioni non poteva essere affermato in via generale, ma il Consiglio di Stato sostiene che l’ente pensionistico ha effettuato un’attività istruttoria improntata a caratteri di concreta fattibilità, tenuto conto della mole delle posizioni da esaminare. A cavarsela sono riuscite solo le piccole e medie imprese, quelle per le quali gli avvocati sono riusciti a dimostrare «che non erano in gradi di influenzare le dinamiche concorrenziali e il commercio intracomunitario, imprese che all’epoca dei fatti soddisfacevano una domanda locale come la ristorazione, i servizi di barbiere, parrucchiere, panificazione e giardinaggio».
Per quanto riguarda gli alberghi, il Consiglio di Stato afferma che «non possono che essere applicati gli orientamenti comunitari elaborati con riferimento a tutte le altre attività economiche». L’Inps, tra l’altro, in questo settore ha effettuato una specifica istruttoria al termine della quale ha segnalato che per gli hotel di fascia alta (4 e 5 stelle) non sarebbe da escludere che il beneficio ottenuto possa averne rafforzato la posizione concorrenziale a danno di analoghe strutture limitrofe. Considerazioni simili vengono avanzate anche per le imprese della pesca. Per le sette società che si sono salvate ricorda, ad esempio quelle attive nel settore edilizio, che hanno svolto «piccola attività manutentiva di condomini e palazzi veneziani e pertanto un’attività a carattere esclusivamente locale e la stessa Inps ha sostenuto che «non sono in grado di influenzare le dinamiche concorrenziali». Comunque, i giudici romani chiedono all’Inps di raccogliere nuova documentazione per quanto riguarda le sette per le quali non hanno riformato la sentenza del Tar, fissando per il 19 novembre l’esame della documentazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia