Sfruttamento del Piave, scoppia la polemica sul fiume a secco

Legambiente contro il Consorzio di Bonifica per l’uso eccessivo dell’acqua del fiume per l’agricoltura
Ferrazza Vidor fiume Piave
Ferrazza Vidor fiume Piave
SAN DONÀ. «Sul Piave è iniziata la guerra dell’acqua, che nessuno ha voluto prevenire». Il commento arriva da Legambiente Veneto Orientale e ben fotografa la nuova “battaglia” che si è aperta sul fiume. Ai Comuni del Sandonatese è arrivata la proposta di un ordine del giorno, da approvare in giunta o in consiglio comunale. Il documento è stato formulato dal Consorzio di bonifica Piave e da alcune associazioni di categoria per evidenziare i rischi che l’entrata in vigore della “Direttiva Acque 2000/60” dell’Unione Europa potrebbe comportare nella gestione idrica. La misura introduce il nuovo concetto del deflusso ecologico come portata minima da garantire al fiume. Rispetto all’attuale minimo vitale, il deflusso ecologico potrebbe essere fino a tre volte superiore. Con il rischio, secondo consorzio e agricoltori, di non assicurare le derivazioni per i prelievi per i fabbisogni irrigui, lasciando a secco campi e canali, in particolare del medio corso.


Ma la posizione non convince Legambiente. «Da anni chiediamo attenzione verso il fiume. Condividiamo l’allarme, ma non siamo d’accordo sull’approccio», spiega Maurizio Billotto, vice presidente di Legambiente Veneto, «la direttiva è del 2000, sono trascorsi quasi vent’anni e nulla si è fatto per prepararci a rispettarla. Il fiume è stato depredato, come se nulla dovesse accadere. L’agricoltura utilizza circa il 60-70 per cento delle acque derivate dal fiume e lo fa come se nulla fosse cambiato in questi anni». Legambiente ha scritto ai sindaci, spiegando che l’approccio proposto con l’ordine del giorno è fuorviante: pone l’emergenza, ma non una scaletta d’interventi per rientrare nel rispetto della direttiva.


«Crediamo sia necessario intervenire radicalmente in agricoltura, nell’interesse sia ambientale sia della sostenibilità del settore primario, con un cambio di rotta che deve puntare su una migliore efficienza nell’utilizzo della risorsa acqua», conclude Billotto, «questo sforzo deve essere ottenuto con il rinnovamento tecnico dei sistemi irrigui, anche richiedendo strumenti finanziari come il Piano di sviluppo rurale, sia attraverso la scelta delle colture. Bisogna ripensare l’uso complessivo del fiume, intervenendo anche sulle concessioni del mini elettrico».


Senza contare i problemi della risalita del cuneo salino, che ormai si attesta oltre Noventa. Legambiente chiede l’apertura di un confronto tra tutti i soggetti coinvolti, per definire interventi e risorse garantendo i diritti di tutti.
(g.ca.)


Riproduzione riservata © La Nuova Venezia