Sfila in corteo a Venezia il sogno di un altro Veneto
VENEZIA. Ci voleva un prete per metterli d’accordo tutti. Ma adesso per don Albino Bizzotto, il fondatore di Beati i costruttori di pace, comincia la vera sfida: quella di superare rivalità, antagonismi, campanilismi e antichi dissapori e dare a questo arcipelago di comitati – ne ha censiti più di 160 in tutto il Veneto – una voce libera, unitaria e forte.
A Venezia sono arrivati in moltissimi: dal Comelico che si batte contro la strada Intervalliva con l’Austria al Polesine che ha il problema della centrale di Porto Tolle; dai comitati di Opzione zero che, sulla Riviera del Brenta, puntano il fucile su Veneto City Green (il green è stato aggiunto da poco) a quelli che si battono contro l’ampliamento dell’aeroporto di Treviso. Moltissimi i comitati della Superstrada Pedemontana Veneta, da Treviso a Vicenza. E poi Sos Salviamo il paesaggio, le associazioni della Valpolicella, i comitati contro gli impianti a bio gas e i gassificatori. E ancora gli attivisti di Stop ai pesticidi nella zona del prosecco e quelli di Aria Nova. I comitati no Ogm e per la Decrescita felice. Insomma, tutto il mondo stanco di vivere in una foresta di cemento che ogni giorno consuma ettari su ettari e non restituisce mai all’ambiente. E poi le associazioni ambientaliste tradizionali - Legambiente su tutte – e i partiti: presenti in fondo al corteo con le bandiere Italia dei valori, Rifondazione comunista, Sinistra Ecologia e libertà e Movimento 5 stelle. Molte le adesioni personali, soprattutto di consiglieri regionali e parlamentari del centrosinistra. Curiosa la presenza delle bandiere del Veneto, con un ritrovato Franco Rocchetta a difesa, questa volta, di quel che resta del Veneto.
Don Albino Bizzotto, che quest’estate ha voluto digiunare per venti giorni e sollevare il tema delle grandi opere, è naturalmente soddisfatto. La sua battaglia è «per mettere insieme, far capire che questi comitati hanno un comun denominatore: il modello di sviluppo sta deflagrando dal suo interno, bisogna ripensarlo. L’impronta ecologica del Veneto, 6 ettari a testa, non può più essere sopportata dal pianeta». «La Terra non ce la fa più - recita l’appello degli oltre 160 comitati veneti -: l’inquinamento atmosferico, la cementificazione e asfaltatura del suolo, gli eccessivi prelievi d’acqua, il sistema del project financing». Per fermare tutto questo i comitati chiedono di bloccare le grandi opere, allontanare le grandi navi dalla laguna, liberare il Veneto dalle servitù militari, finanziare i Comuni per mettere in sicurezza il territorio, gestire in maniera pubblica i beni comuni, stop al consumo di suolo agricolo, fermare la privatizzazione della sanità, abolire la legge obiettivo, bloccare nuove autostrade e Alta velocità, strade, raccordi e centri commerciali. Ci sono anche primi comitati contro i project financing, considerato la «peste»: si fanno strade, ospedali, centrali. Lunghissimo, il corteo si snoda da piazzale della stazione a campo Santa Margherita. Gli organizzatori dicono 1500, la questura 600: di sicuro sono più di mille.
A sera, i ragazzi dei centri sociali e del Comitato No Grandi Navi forzano la testa del corteo e si ritrova muso contro muso sul ponte della Stazione marittima. Ma, a parte il lancio di qualche uova e l’affissione di uno striscione, sarà solo una prova muscolare. Il corteo si esaurisce stanco, ma felice di aver mostrato l’altra faccia del Veneto, quella che a malapena trova cittadinanza nella politica, quella che non appare mai e che viene sempre bollata come il «popolo del No». Ecco, sostituire il No con tanti «Per» sarebbe davvero una svolta.
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