Sfida aperta tra i porti dell’Adriatico
I tre maggiori scali portuali dell’Alto Adriatico - Venezia/Chioggia, Ravenna e Trieste/Monfalcone - sono in rotta di collisione e non è detto che si possa evitare grazie all’imminente riforma della legge sui porti, voluta dal governo Renzi per rottamare le vecchie Autorità Portuali e coordinare le risorse dei 14 maggiori scali portuali italiani. La forte competizione tra Venezia e gli altri porti dell’alto Adriatico, in particolare sul progetto della piattaforma off-shore da 1 miliardo e mezzo di euro riproposto ieri dal presidente dell’Autority veneziana, Paolo Costa, ha fatto capolino ieri al convegno organizzato dal Partito Democatico veneziano al Palaplip di Carpenedo. Del resto, le polemiche erano preannunciate dallo stesso titolo del convegno «Venezia alla sfida della portualità nell’Alto Adriatico» e dal fatto che era presente l’intero stato maggiore del Pd veneziano: dal segretario metropolitano Marco Stradiotto a quello provinciale, Emanuele Rosteghin, e al regionale Roger De Menech; dai parlamentari veneziani Felice Casson e Andrea Martella alla presidente della Regione Friuli Venzia Giulia, nonché vicesegretario nazionale del Pd, Debora Serracchiani.
La miccia della polemica tutta interna al Pd e alle Autority dell’Alto Adriatico a lui vicine, l’hanno data i presidenti delle Autorità portuali di Venezia, Paolo Costa e di Ravenna, Galliano Di Marco; mentre, seppur invitato, non era presente il presidente dell’Autority triestina, Marino Monassi , a differenza del suo predecessore, ClaudioBoniciolli - presente ieri - che in passato è stato anche presidente del Porto di Venezia.
«Nell’alto Adriatico mancano le strutture portuali adeguate a gestire le grandi navi da carico di container che oggi continuano andare fino a Rotterdam», ha ripetuto Paolo Costa, «noi siamo pronti ad andare al Cipe con il progetto della piattaforma off-shore al largo di Venezia per chiedere 500 o 600 milioni di euro al ministero delle Infrastrutture che si aggiungeranno ai 700 milioni dei privati e ad altri 300/400 milioni finanziati dall’Unione Europea».
Durissima è arrivata la replica del presidente del Porto di Ravenna, Di Marco, che ha contestato apertamente Costa sia sui finanziamenti ministeriali per l’off shore, secondo lui «ancora tutti da ottenere», che quelli privati («ma dove sono e chi sono?» ha precisato) e sul fatto che ben l’86 % dei traffici portuali non ha niente a che vedere con i grandi cargo porta container. Per Paolo Costa, in ogni caso, «non ha senso parlare di competizione», né con Ravenna che «gode di agevolazioni tariffarie elargite dalla Regione Emilia per chi carica le merci sbarcate sul treno» e ancor meno «con i cugini giuliani» mentre resta valida l’idea «che ogni porto deve poter garantire l'accessibilità nautica per dare l'opportunità alle grandi navi mercantili di scaricare la merce e caricarla rapidamente, collegamenti ferroviari e stradali e tutti e tre questi porti hanno un problema su uno dei vari punti».
Debora Serracchiani, che non ha mai nascosto - da buona friulana - la sua contrarietà al progetto del porto off-shore veneziano, ha cercato di stemperare - in veste di vicesegretario nazionale del Pd - la sfida tra i porti di Trieste, Venezia e Ravenna che, a suo parere, devono «invece lavorare in sinergia e con una grande capacità strategica». L’occasione ravvicinata, ha spiegato la Serracchiani «è la proposta già messa a punto per lo Sblocco Italia che, speriamo, diventerà realtà in tempi brevi. Si tratta di una proposta di riforma strategica del settore portuale nazionale che parte dal riconoscimento di 14 grandi hub, tre dei quali si trovano nell’Alto Adriatico, per creare condizioni di una gestione dei flussi di merci e fare quello che l’Italia, purtroppo, non ha fatto per tanto tempo: avere una politica sui trasporti e sulla logistica che guardi ai nodi cruciali della portualità. Si tratta di mettere insieme i porti con gli interporti, con i raccordi ferroviari e le strade per superare la legittima competizione tra i porti e sviluppare le loro attività, conquistando insieme nuovi traffici». Il senatore Felice Casson ha proposto di inquadrare lo sviluppo del porto di Venezia nella Legge Speciale e il deputato Andrea Martella ha confermato di aver presentato alla Camera per assicurare 10 milioni di finanziamento alla progettazione dell’off-shore.
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