Sesso, oro e soldi dietro il delitto Carli
TRIESTE. Non solo sesso e gioielli. Ma anche un giro di prestiti, debiti, ricatti ed estorsioni. Il giallo sull’omicidio dell’ex commerciante Aldo Carli, ucciso nella sua villa di Opicina (Trieste) nella notte tra il 19 e il 20 dicembre, disegna contorni sempre più inquietanti. Gli investigatori, dopo il fermo della quarantacinquenne serba Ljubica Kostic, residente a Quarto d’Altino, ora detenuta con l’accusa di concorso in omicidio, continuano a scavare nel passato e presente della vittima.
Per dare la caccia agli assassini che hanno fatto irruzione nell’abitazione del settantacinquenne, la polizia sta setacciando i conti correnti e i prelievi di contante della uomo. Tutti elementi da incrociare con le sue frequentazioni e, soprattutto, con le chiamate e i messaggi rinvenuti sul cellulare. Il telefono era nella macchina parcheggiata in giardino. Gli aguzzini, quando hanno agito nel buio, non lo hanno fatto sparire. Un errore che potrebbe risultare determinante. L’uomo aveva un contatto assiduo con almeno uno degli assassini. Si tenevano sotto scacco. Ma di questa persona non si conosce l’identità. Si tratta di un individuo a cui Carli aveva prestato ingenti somme di denaro e a cui aveva ceduto anche svariati gioielli. Oggetti di valore che sarebbero finiti sul mercato nero e da cui i suoi intermediari ricavavano una percentuale. Il 75enne, in cambio, riceveva anche favori sessuali da svariate donne. Questo è stato accertato dalle deposizioni delle prostitute sentite dagli inquirenti. La pista degli investigatori non si ferma nel territorio italiano, guarda soprattutto all’estero. Gli elementi che confermano la tesi non mancano. Dall’interrogatorio della serba arrestata è emerso che Carli avrebbe dovuto recarsi a Villaco il mattino del 20 dicembre per incontrare alcune persone. L’ipotesi è che di mezzo ci sia il trasferimento a Milano di un conto corrente custodito all’estero, dove erano contenuti soldi che Carli avrebbe ceduto a questo personaggio, ma mai restituiti. Aldo voleva che questo denaro - circa 100 mila euro - tornasse in Italia, per chiudere la vicenda dei prestiti. Serviva la sua firma. Ecco il possibile motivo di quell’appuntamento a Villaco. Che non avverrà mai. Ma i malviventi non vanno in Austria. Decidono di presentarsi a casa dell’uomo a notte fonda per accertarsi che si sia messo in auto. Partono da Quarto d’Altino, dove risiede la serba arrestata, poco prima delle due. Quando raggiungono Opicina, attorno alle quattro, si appostano all’esterno dell’abitazione di via del Refosco e inviano un sms a Carli: «Sei partito?». Il messaggio parte proprio dall’utenza di Ljubica Kostic, la donna rintracciata dalla polizia e incarcerata. Ecco poi, pochi minuti dopo, un altro messaggio. Ma stavolta tra i componenti della banda. «È qua la macchina? È illuminato qualcosa?». Gli assassini, insomma, sono fuori dalla villa per monitorare la presenza o meno dell’uomo. Sono in quattro, sembra. È buio. Trovano Aldo in giardino, probabilmente davanti all’auto, mentre sta per salire. Ci deve essere un litigio, dovuto ai contrasti pregressi. L’anziano viene pestato brutalmente: sul pavimento del giardino, vicino all’automobile, la scientifica scoprirà alcuni denti del settantacinquenne e il bastone con cui si accompagnava. La banda di criminali, forse, porta l’uomo anche in casa, al pianterreno, dove abita. Aldo viene legato ai polsi e al collo con delle fascette di plastica.
Dall’analisi sul cadavere, eseguita dal medico legale, emerge la violenza dell’aggressione: sevizie, graffi, contusioni al volto, lesioni dentarie ed ematomi. Ma anche cianosi al volto ed ecchimosi. Un orecchio quasi staccato.
Carli è morto strangolato. Secondo l’esito dell’autopsia, è deceduto per “insufficienza vagale” causata da una forte stretta alla gola. Gli aguzzini tentano di soffocare la madre di Aldo, una novantaquattrenne non vedente e invalida. Le schiacciano un cuscino in faccia ma lei si salva perché la credono morta. Tutto questo avviene in piena notte, attorno alle quattro, con la moglie della vittima al piano sopra. Dorme e non si accorge di nulla. Così, almeno, ha dichiarato finora. Non sente le urla e i colpi della colluttazione che avviene a pochi metri sotto.
Gli investigatori stanno cercando il resto della banda. In carcere c’è per ora solo la serba. Dalle verifiche sulle celle telefoniche gli investigatori hanno accertato che la donna era sul lungo del delitto. Non si sa con che ruolo. Ma la serba conosceva gli altri assassini: uno di loro era ospite nella sua casa di Quarto d’Altino. Per l’avvocato della detenuta, Paolo Codiglia: «La mia assistita non ha posto in essere alcuna atto in relazione con l’accaduto».
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