«Servono manager turistici e un vero piano strategico»

Federica Montaguti (Ciset): «L’immagine di Venezia è costruita su stereotipi nel nostro settore le nuove sfide sono nel campo dell’intelligenza artificiale»  
Il prossimo ottobre il Master in Economia e Gestione del Turismo con sede a Oriago compie 25 anni. In questi cinque lustri oltre 700 studenti hanno trovato lavoro entro un anno dalla fine degli studi. Ne parliamo con Federica Montaguti, ricercatrice senior del Ciset (Centro internazionale di studi dell’economia del turismo), il centro dell’Università Ca’ Foscari che si occupa di turismo.


Come sono cambiati gli obiettivi nel corso di questi anni?


«Quando siamo nati il nostro scopo era quello di formare delle figure manageriali in un settore che cresceva sempre di più. Allora però era difficile far capire alle aziende l’importanza di avere un manager, soprattutto in Italia dove nel campo del turismo c’era di tutto, dall’agricoltore a chi voleva valorizzare proprietà di famiglia. Insomma, si capiva che era un ambito promettente, ma non si individuava ancora bene cosa dovesse fare un manager. Poi superata quella fase c’è stato l’avvento di Internet e anche in questo caso il Master ha approfondito l’utilizzo del digitale in questo settore. Ora le nuove sfide sono nel campo dell’intelligenza artificiale e nella formazione dei destination manager, mentre la figura che formiamo deve essere in grado di lavorare in gruppo, ma anche essere autonoma».


Come può essere utilizzata l’intelligenza artificiale nel settore del turismo?


«Un esempio è stata la collaborazione che abbiamo avviato con la società Promo Service di Treviso, da cui poi è nata anche la start up Neuroweb Design, ideata da un team con un nostro studente. Si cerca di sviluppare l’intelligenza artificiale per esempio per fornire le risposte o per le chat che si trovano negli appositi siti con le domande classiche, in modo da lasciare sempre di più quello che è la routine alla robotica e liberare le risorse per dedicarsi di più al business. Per fare questo ci vogliono competenze molto specializzate che noi forniamo. Oppure si stanno perfezionando dei programmi che calcolano le cancellazioni dell’ultimo momento che, per chi ha un’attività, rappresentano sempre una perdita.


Chi è il destination manager?


«È una figura di cui c’è sempre più bisogno perché è colui che studia le destinazioni in tutte le sue forme per capire come poi ideare un piano di promozione turistica. Per esempio, ci sono dei luoghi che possono essere valorizzati, delle destinazioni periferiche da scoprire, ma come? Il destination manager studia il territorio, trova le potenzialità e poi sviluppa la proposta. Un altro esempio di quello che fa è capire che target turistico, quale tipologia di persone si vuole attrarre o respingere, che fatturato si vuole raggiungere. È una figura molto importante per i luoghi e ce n’è sempre più bisogno anche perché possono nascere delle collaborazioni molto interessanti. Mi viene in mente Visit Britain che, quando ha saputo che si sarebbero girati in Inghilterra le puntate di Harry Potter ha firmato un accordo con la Warner Bros per promuovere quei luoghi».


A Venezia si dice sempre: non solo San Marco. Servirebbe anche qui un destination manager?


«L’ultimo studio che ci era stato commissionato per capire i comportamenti del turisti a Venezia risaliva a dieci anni fa, quando la situazione era diversa da adesso. In un recente studio che ho fatto invece ho studiato l’immagine di Venezia sul mercato americano ed è emerso che è costruita su alcuni stereotipi culturali che la dipingono come liquida e misteriosa, portata al cambiamento. È molto importante capire anche l’immagine che si ha di una città e questo rientra nelle competenze di chi vuole lavorare in questo settore. Quello che forse manca a Venezia è inquadrarla in un piano strategico ampio che si concentri su Venezia ma anche su quello che c’è intorno. Non solo le isole, ma il territorio circostante».


Insegnate anche come dovrebbe comportarsi il turista in un luogo?


«Beh questo è implicito per noi perché partiamo dal fatto che il turismo deve portare benessere, sia per chi viaggia che per chi ci abita. Più la persona che lavora in questo ambito è formata, più terrà presente anche dei problemi che ci sono nella destinazione proposta».


Ci può fare qualche esempio?


«Due studenti hanno aperto un albergo nello Yucatan che si chiama Casa Italia, un altro da Palermo ha avviato un tour operator che si chiama Addio Pizzo Tour con luoghi sostenibili e mete che rifiutano la mafia. Erica Croce e Giovanni Perri sono stati i primi pionieri a ideare attività connesse al vino. L’anno scorso abbiamo anche collaborato con Jumbotours di Alpitours e anni fa con la Bassa Riviera abbiamo lavorato a lungo con i comuni per individuare il percorso di una pista ciclabile».


I vostri studenti trovano lavoro a Venezia?


«Assolutamente sì, molti ovviamente nel settore alberghiero. Dalla nostra nascita abbiamo avuto 700 studenti e il 98% trova lavoro entro un anno dalla fine degli studi ed è un settore in continua crescita».


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Riproduzione riservata © La Nuova Venezia