Serve il marchio per battere i “furbetti”
STRA. In tutto l’Occidente per garantire il consumatore della bontà e delle caratteristiche del prodotto si ricorre a un marchio e a un ente certificatore esterno. Il marchio “Made in Riviera” permetterebbe di regolamentare il settore della calzatura e stroncare qualsiasi possibilità che i prodotti del comparto calzaturiero siano realizzati usando massicciamente il lavoro nero e in mancanza di regole.
Un marchio che l’Associazione calzaturieri della Riviera del Brenta (Acrib), in primo luogo, e altre associazioni di categoria tentano con alterne fortune di realizzare da almeno tre anni e la procedura è rimasta bloccata sulla questione dell’ente certificatore. Il marchio Made in Riviera serve , per certificare la filiera e la qualità del prodotto. Lo strumento quando a disposizione di ogni azienda servirà ad attestare sui mercati un prodotto etico e a regola d’arte secondo i criteri e i requisiti richiesti. Sarà compito di un ente certificatore esterno decidere se rilasciare o meno, il ‘bollino’ di qualità. Si tratta di un progetto oneroso per il quale Acrib e le altre associazioni di categoria si aspettano dalla Regione un forte sostegno, anche economico. Il ‘bollino’ è un ulteriore passo del lavoro di contrasto associativo e regionale portato avanti fin dal 2010 con la firma di un accordo per la tariffazione oraria dei lavoratori, che stabiliva la soglia minima di pagamento. Il tariffario è oggi in corso di aggiornamento. Intanto un primo passo è stato fatto qualche settimana fa sul versante dell’identificazione dell’ente certificatore isolando la rosa delle candidature a soli due soggetti Sgs Italia Spa e Unionfibre, società rinomate a livello nazionale ed estero, sulle quali sarà fatta la scelta finale. Il logo che poi sarà usato per identificare il nuovo Marchio sarà per semplicità quello in uso ora dall’Acrib.
In questo periodo però non mancano le polemiche. Dopo un anno di tira e molla, l’ente certificatore sarebbe dovuto essere scelto entro Pasqua. Sono già passate tre settimane e di questa decisione non c’è ombra. La scelta però che tarda ad arrivare attira così su Acrib e sugli imprenditori della Riviera gli strali dei sindacati in particolar modo della Fictem Cgil che da anni denuncia il problema dei laboratori clandestini come devastante per la filiera della scarpa. Il distretto calzaturiero della Riviera del Brenta conta quasi 11 mila occupati e 800 aziende a cavallo fra le province di Padova e Venezia.
Alessandro Abbadir
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