Sequestrata in casa e maltrattata marito e suocera a processo

La giovane cingalese viveva in un appartamento a Castello dal quale ha provato a fuggire due volte In un’occasione aveva perso il bimbo che aveva in grembo, nell’altra si era fratturata le vertebre
Di Rubina Bon
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 16.05.2014.- Cittadella della Giustizia, Piazzale Roma
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 16.05.2014.- Cittadella della Giustizia, Piazzale Roma

Per due volte aveva cercato di fuggire ai suoi aguzzini che non erano persone qualsiasi bensì il marito e la suocera. Si era gettata dalla finestra dell’appartamento al primo piano, in un condominio nel sestiere di Castello, per guadagnarsi la libertà. Due tentativi che erano finiti entrambi con un ricovero in ospedale: la prima volta perché dopo il volo aveva perso il bimbo che aveva in grembo, la seconda perché si era fratturata le vertebre. Una storia di violenza tra le mura di casa che, tre anni dopo i fatti, è approdata in tribunale.

Ieri il giudice per l’udienza preliminare Alberto Scaramuzza ha rinviato a giudizio il marito e la suocera della vittima, una donna bengalese che oggi ha 33 anni ed è fuggita da Venezia per ricostruirsi una nuova vita a Milano, dove vivono i suoi fratelli. Pesanti le accuse che il pubblico ministero Massimo Michelozzi ha formulato per il marito e la suocera: dovranno rispondere di maltrattamenti in famiglia e sequestro di persona in concorso. La giovane cingalese è difesa dall’avvocatessa Alessia Sorgato di Milano. I fatti risalgono al 2013 dopo che un matrimonio combinato, da cui è nata anche una bambina. Era stato il marito per primo ad arrivare a Venezia con sua madre e solo in un secondo momento, attraverso il ricongiungimento familiare, anche la donna si era trasferita in laguna. Il marito e la madre di lui erano assunti come badanti a casa di un anziano, classe 1923, che viveva a Castello.

Quando la ragazza era arrivata dallo Sri Lanka a Venezia, era iniziato il suo inferno: stando alle accuse, veniva tenuta chiusa in casa, spesso senza mangiare tanto da essere dimagrita a vista d’occhio, ed era bersaglio di calci e pugni.

Una situazione che sarebbe proseguita a lungo e che avrebbe portato la giovane all’esasperazione, tanto da cercare di scappare. Si era gettata una prima volta dalla finestra dell’appartamento dov’era segregata. Al tempo era incinta e dopo quel volo perse il bimbo. La fuga le era costata l’inasprimento delle violenze domestiche da parte di marito e suocera. Il secondo tentativo di conquistare la libertà, invece, si era concluso con la frattura delle vertebre. I medici dell’ospedale che l’avevano curata, oltre a segnalare l’episodio alle forze dell’ordine, avevano avvisato anche i fratelli della donna che al termine della degenza l’avevano portata via da Venezia, lontano dall’incubo. «Non si può non sottolineare la grande solidarietà dei veneziani che avevano soccorso la donna, per fortuna allora non si erano girati dall’altra parte come spesso purtroppo succede», spiega l’avvocatessa Sorgato. La prima udienza è fissata per il 13 luglio.

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