«Senza quell’aggressione Gabriele sarebbe vivo»

La sorella di Sinopoli contro la perizia che esclude legami tra pestaggio e decesso Lo sfogo: «Dopo quella maledetta notte mio fratello non si è mai più ripreso»

MESTRE - Dopo il calvario della malattia e il dramma della morte del congiunto ora i familiari di Gabriele Sinopoli sono impegnati in una battaglia legale che apre altre ferite. Una battaglia «per far affermare la giustizia sulla morte di mio fratello», spiega Anna Sinopoli.

Quello di Anna Sinopoli è uno sfogo che racconta la sofferenza e il dramma di una famiglia: «Come si può affermare che non esiste un nesso di causalità tra l’aggressione subita da Gabriele e la sua morte? Gabriele non si è più ripreso dopo quella maledetta notte del settembre 2012 quando è stato brutalmente picchiato senza alcun ragionevole motivo; ogni caratteristica di normalità è scomparsa dalla sua vita, trascorsa tra il letto di casa e quello dell’ospedale a causa dei continui ricoveri». Anna Sinopoli si riferisce al perito del pm nel processo contro gli aggressori, il quale ha stabilito che non c’è legame tra la morte del fratello e quell’aggressione.

«Come si può umanamente e logicamente accettare l’ipotesi che le ripetute crisi epilettiche che hanno preceduto la sua morte non siano riconducibili ai sei interventi cerebrali subiti a causa dell’aggressione? Gli ultimi tre interventi cerebrali, eseguiti sette mesi circa dopo l’aggressione e un anno prima del suo decesso, erano serviti per ricollocare la parte di calotta cranica che gli era stata rimossa a causa dell’emorragia cerebrale provocata dal pestaggio. Dopo questi ultimi interventi Gabriele era stato soggetto a diversi fenomeni di mancamento, squilibrio e cadute, mai manifestatisi in precedenza e probabile preludio alle più ben gravi crisi epilettiche avvenute poco prima della sua morte».

«Certo Gabriele era un trapiantato e quindi soggetto a limitazioni non solo dietetiche ma soprattutto farmacologiche. Proprio per questo motivo, fin dalla prima operazione cerebrale gli erano stati somministrati farmaci anti-epilettici ma in un dosaggio basso, per evitare conseguenze che avrebbero potuto essergli letali. La sua robusta tempra fisica gli ha consentito di superare contro ogni aspettativa medica i sei interventi di neurochirurgia, ma non è riuscita a sopperire al basso dosaggio dei farmaci anti-epilettici. Il suo ultimo ricovero è avvenuto per le gravi e ripetute crisi epilettiche che lo hanno indotto in coma», aggiunge.

«il dosaggio dei farmaci è stato dunque necessariamente aumentato ed il suo organismo non l’ha retto determinando un generale squilibrio multi-organo». Conclude Anna Sinopoli: «Si può umanamente e logicamente sostenere che la sua morte non è stata anticipata? Senza quella maledetta aggressione la sua vita avrebbe potuto continuare ancora».

Carlo Mion

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia