Senza petrolio dalla Libia, rischio cassa integrazione all'Eni di Marghera
I sindacati: la crisi colpisce le raffinerie di Marghera, quattrocento dipendente a rischio se si ferma la produzione
Le raffinerie dell’Eni a Porto Marghera
MARGHERA. I sindacati dei chimici lo temono da tempo e ora si aspettano che Eni annunci, nel giro dei prossimi giorni, la fermata temporanea della Raffineria che lavora petrolio libico, con la messa in cassa integrazione di gran parte dei quasi quattrocento dipendenti.
L'Eni non conferma e nemmeno smentisce la notizia della fermata temporanea dell'attività di raffinazione del petrolio nel suo impianto che si trova a Porto Marghera, di fronte all'isola dei depositi di Petroven e ben visibile, con i suoi alti fumaioli, quando si attraversa il tratto iniziale del ponte della Libertà. Del resto i dati dei traffici nel porto di Venezia mostrano da mesi un forte calo di petroliere cui corrisponde un aumento delle navi cisterna cariche di benzine e altri prodotti già raffinati. La Raffineria di Porto Marghera è strutturata per trattare il particolare petrolio (a basso tenore di zolfo) che è sempre arrivato via nave dalla Libia, fino a che nel Paese non è scoppiata la guerra.
Secondo i sindacati dei chimici di Cgil, Cisl, Uil, la temuta decisione di fermare per almeno tre mesi la Raffineria veneziana, con il ricorso - per la prima volta - alla cassa integrazione ordinaria, sarebbe la conseguenza di decisioni prese dai vertici di Eni (che possiede altre, forse troppe, raffinerie in Italia) già da alcuni anni. D'altro canto Eni sembra intenzionata a rinunziare al piano di investimenti da 600 milioni di euro che aveva annunciato proprio a Porto Marghera per adeguare «tecnologicamente» la sua raffineria che trasforma il petrolio greggio nei diversi combustibili e carburanti in commercio e assicura il rifornimento - per usi industriali e civili - in una vasta area che si estende nel Triveneto, all'Austria e alla Slovenia.
Secondo i sindacati locali i vertici di Eni potrebbero annunciare la fermata e il ricorso alla cassa integrazione nell'incontro - già in programma da tempo - previsto per domani a Roma con i segretari nazionali di Filcem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem e Ugl.
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