«Senza fissa dimora, servizio a rischio»
«Pur di mantenere e garantire il servizio abbiamo aumentato i posti letto per i senza fissa dimora e attivato il centro diurno alla mensa San Vincenzo, ma l’assessorato vuole lasciarci a casa terminato il periodo invernale e non sappiamo che fine faranno le persone che abbiamo aiutato per dodici anni». Ieri mattina gli operatori delle cooperative Gea e Caracol, che si occupano dei senza fissa dimora, si sono presentati davanti alla sede dell’assessorato alle Politiche sociali di villa Querini, portando striscioni con tanto di scritta “Brugnaro e Venturini no ne gavè mai coverto”, giochi di parole ironici che riprendono le “coperte” che vengono distribuite a chi non le ha.
Presenti, tra gli altri, Davide Mozzato, Vittoria Scarpa, Alfio Checchin. «Anzitutto», spiegano, «denunciamo lo svuotamento del tavolo sui senza fissa dimora, dove una volta interagivamo tutti assieme, oggi veniamo invitati per ascoltare funzionari balbettanti che ci hanno fatto capire che il nostro lavoro sarà sostituito dai dipendenti del Comune. Quest’anno abbiamo portato da 24 a 34 i posti letto al centro Rivolta, che nelle notti fredde non sono bastati, in più è stata incentivata l’apertura di un centro diurno alla San Vincenzo, con quattro pomeriggi oltre alle due mattine, che viene frequentato anche da 60 persone».
Senza contare – fanno sapere – le uscite serali, l’accompagnamento, il servizio docce, attivi tutto l’anno. Gli operatori della Gea sono cinque, quelli di Caracol due, ma poi a loro si aggiungono tra i dieci e i dodici stagionali. «Per l’anno prossimo non ci hanno fatto sapere nulla, abbiamo scritto al Comune, chiesto incontri sia all’assessore che al sindaco, ma senza ritorno. Noi da dodici anni diamo risposte ai senza dimora, ma anche alla gente che di loro si lamenta, il nostro contratto scade il 10 marzo e ancora non sappiamo nulla».
Proseguono: «Il welfare è sempre stato il fiore all’occhiello di questo Comune, ma l’impressione è che non sia più così e che ci sia solo la volontà di apparire (vedi vigili e militari in piazza), ma senza avere contenuti o progettualità: il telefono bianco quasi non esiste più, le stazioni sono state aperte solo due notti e sembrava che nessuno ne sapesse nulla. D’accordo aprire luoghi caldi come la San Vincenzo, ma serve capire cosa si vuol far fare con queste persone, non solo raggrupparle da qualche parte come bestiame. Il camper della Riduzione del Danno è sparito, hanno messo i tornelli alla biblioteca per non far usare i bagni ai senzatetto, ma dove devono andare? Senza contare che un giorno sì e uno anche i vigili o chi per loro getta via le coperte al senza tetto della fermata di via Carducci».
«Abbiamo appena celebrato il funerale dell’ultimo deceduto al dormitorio San Francesco», spiegano, «e quest’anno sono già 5 le persone che vivevano per strada venute a mancare. Con questo taglio dei servizi, chi poteva essere monitorato non lo è più e vorremmo capire cosa faranno da marzo queste persone».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia