«Se qualcuno ha fatto il furbo, pagherà»
Spinadin (Federcoopesca) si dice stupito dell’inchiesta sui fondi europei e precisa: tutte le barche sono state autorizzate
CHIOGGIA. Stupore è la reazione più diffusa tra i pescatori alla notizia delle indagini in corso, da parte della procura delle Repubblica, e della procura contabile, sui presunti abusi di fondi europei (nello specifico quelli dei patti territoriali) per la “rottamazione” (sostanzialmente finta, secondo gli inquirenti) di alcuni pescherecci.
Una vicenda di cui si parlava molto, nell’ambiente della pesca, dieci anni fa, e che oggi sembra lontana. Sulle rive di Chioggia, il passaparola, riguarda soprattutto le posizioni archiviate, a cui i diretti interessati danno risalto, confermando, con soddisfazione, che «non c’era nulla di sbagliato nella pratica». Ma stupito, e un po’ arrabbiato, è anche Marco Spinadin, responsabile regionale di Federcoopesca, una delle principali centrali cooperative che associa i pescatori e, attraverso i propri centri servizi, fornisce consulenze e sbriga le pratiche (sindacali, amministrative, previdenziali, ecc.) del settore. Spinadin è a conoscenza, per ovvi motivi professionali, di alcune di queste “rottamazioni” nell’occhio del ciclone.
«Bisogna premettere che le licenze di pesca sono bloccate dagli anni’80, quindi ogni nuova barca può solo “sostituire” altre barche che smettono il loro servizio. Il calcolo della “grandezza” di ogni barca viene fatto attraverso due sistemi: il Tsl (tonnellate di stazza lorda) e il Gt (Gros tonnage) che non sono convertibili tra loro. Fino a metà del 2004, all’incirca, abbiamo usato entrambi i sistemi e il Tsl delle barche che accedevano al finanziamento, veniva autorizzato dal ministero. In seguito il ministero stesso ha imposto il calcolo (a mio avviso più corretto) solo con il Gt».
In altre parole, all’origine delle contestazioni potrebbe esserci il sistema di calcolo della stazza delle imbarcazioni. Ma Spinadin non si sbilancia in questo senso: «Chi sta indagando faccia la sua parte e, se qualcuno ha sbagliato, pagherà. Io posso solo dire che le barche che io conosco, che hanno seguito questa procedura, erano tutte in possesso di autorizzazione ministeriale, e sono state controllate più volte, dallo stesso ministero, dalla capitaneria e dal Rina (il Registro navale italiano)». E tuttavia la tendenza ad usare barche sempre più grandi è perdurata in tutti questi anni. Ultimamente sono entrate a far parte della flotta chioggiotta sei o sette imbarcazioni, tutte sui 24-27 metri, acquistate nel sud Italia e riammodernate (senza contributi europei, a quanto pare). «Potrebbe essere un segnale positivo per la pesca locale», dice Spinadin, «ma io credo di più nelle piccole aziende, che sono più flessibili e adattabili».
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