Se ne è andato Italo Sbrogiò il “leone del Petrolchimico”
Ha «lottato contro il tempo», ricorda il fratello Gianni, per riuscire a finire la sua autobiografia, quella “Fiaba di una città industriale. 1953-1993: 40 anni di lotte”, in modo tale da poterlo presentare prima che la malattia non gli lasciasse più scampo. Lo scorso ottobre, infatti, Italo Sbrogiò, figura chiave del movimento operaio e delle lotte di Porto Marghera, aveva presentato la sua autobiografia (edita dalla Casa editrice “Lo Squero”) in due appuntamenti, uno alla Municipalità di Marghera, all’insegna della ressa, e l’altro “al Vapore”, con amici e famigliari. Domenica Sbrogiò è deceduto.
«Abbiamo ascoltato in quelle due occasioni il racconto del vecchio leone del Petrolchimico», ricorda Gianfranco Bettin, «Era sempre lui, malgrado la malattia e il tempo che lo consumava, come consuma tutto. Ma certe cose, certi uomini restano ed è proprio la Storia a renderne duraturo il valore, l’esperienza e l’eredità che lasciano», sottolinea con passione di ricordo il presidente della Municipalità di Marghera. Italo Sbrogiò, classe 1934, se ne è andato domenica all’età di 82 anni. Nel 1965 era stato tra i fondatori di “Potere operaio” ed era stato un importante protagonista delle lotte dei lavoratori di Marghera degli anni Sessanta e Settanta. Negli ultimi anni era stato anche custode dell’archivio fotografico Finzi e aveva partecipato al progetto di un museo di storia locale della terraferma ma aveva anche partecipato con Massimo Cacciari e Toni Negri nel 2007 alla rassegna “Anni sospesi” che raccontò quegli anni di lotte del lavoro. Sbrogiò abitava a Favaro, dove era nato nel 1934, e lascia la moglie Giovanna e i tre figli Tiziana, Stefano e Federico. I funerali, annuncia il fratello Gianni, si terranno domani alle 11 nella sala del commiato del cimitero di Chirignago. Bettin ha voluto ricordare il leader operaio definendolo uno degli «interpreti più significativi» della storia di Porto Marghera. «Italo è stato il leader operaio più incisivo e influente, capace di dare voce e visione a una realtà sociale che cercava modi nuovi per esprimere i propri obiettivi salariali e normativi ma anche, e forse più, la propria soggettività più grande dell’identità professionale - la vita intera - e una dimensione politica e sindacale che andava oltre le rappresentanze tradizionali e rivendicava piena autonomia». (m.ch.)
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