«Se l’Oleificio non investe la colpa è del terrritorio»

Vicenda Vinyls, Maurizio Don (Uil) chiama in causa il Comune e la Regione «Devono smetterla di fare i notai e facilitare invece gli accordi tra le parti»
Di Gianni Favarato
MARGHERA 13/10/2005 via Fratelli bandiera capannone Petrolchimico assemblea sindacale nella foto Don sindacalista (C) Bertolin Matteo richiesto da FAVARATO MARGHERA 13/10/2005 via Fratelli bandiera capannone Petrolchimico assemblea sindacale
MARGHERA 13/10/2005 via Fratelli bandiera capannone Petrolchimico assemblea sindacale nella foto Don sindacalista (C) Bertolin Matteo richiesto da FAVARATO MARGHERA 13/10/2005 via Fratelli bandiera capannone Petrolchimico assemblea sindacale

MARGHERA. Le bonifiche, la ristrutturazione e il rilancio industriale e logistico di Porto Marghera continueranno a restare una «illusione» se le istituzioni pubbliche - a cominciare dal Comune di Venezia e dalla Regione Veneto - si limiteranno, come stanno facendo con l’Oleificio Medio Piave (Omp) a «fare i notai di un cambiamento che non arriva mai», piuttosto che «i facilitatori di investimenti produttivi, capaci di generare al più presto nuovi posti di lavoro» . A lanciare il monito sulla crisi di Porto Marghera, dove il tasso di dissoccupazione supera il 20%, è Maurizio Don, segretario nazionale della Uilcem.

L’Oleificio Medio Piave ha acquistato le are dell’ex Clorosoda di Eni per costruire una bioraffineria di oli vegetali dove verrebbero assunti i dipendenti di Vinyls. Perché dopo 3 anni nulla è stato ancora realizzato?

«Omp ha acquistato le aree dell’Eni per realizzare un investimento che faccia l’ interesse dei proprietaria e non di altri. Non a caso Omp ha firmato con noi un accordo in cui si impegna ad assumere i dipendenti in cassa integrazione della Vinyls in fallimento. Eni ha messo come condizione della vendita di 40 ettari all’Oleificio l’assunzione di questi lavoratori. Ma le assunzioni sono legate al progetto, quindi finché non saranno realizzati i nuovi impianti dell’Oleificio, niente posti di lavoro».

Come si spiega che dopo tre anni il progetto dell’Oleificio è fermo?

«Il loro progetto sta in piedi se possono fare due cose: attività industriale e commercializzazione in proprio di granaglie. In entrambe i casi serve una banchina portuale dove scaricare e le navi in proprio, anche se aver acquistato 40 ettari in mezzo al Petrolchimico li obbliga ad usare strade, portinerie e servizi di sorveglianza che hanno un loro costo. Loro hanno chiesto sempre la banchina M36 che si affaccia sul Canale dei Petroli. L’Autorità Portuale non gli ha mai detto formalmente di no, ufficialmente dice di essere ancora in attesa della documentazione di Omp, ma in realtà è stato loro proposta prima la banchina sul canale Sud, di fatto non utilizzabile, e poi la banchina ex Montefibre per la quale Omp dovrebbe farsi carico dell'allargamento del canale Ovest e poi dell'ulteriore arretramento della propria banchina di altri 30 metri con costi e tempi che è folle solo a proporlo a qualsiasi investitore».

Quindi la banchina sul canale Malamocco Marghera, detto dei Petroli, resta proibita per Omp?

«Per quanto ne sappiamo il Canale dei Petroli, su cui si trova la banchina M36, è il più adatto alle navi Panamax che hanno le dimensioni adatte agli scopi di Omp. Ma per tale scopo secondo il Porto dovrebbe essere scavato in canale di un altro metro e mezzo, cosa che il piano regolatore portuale non prevede. Come se non bastasse c’è ora il problema delle grandi navi da crociera che potrebbero passare per questo canale che è a senso unico. In ogni caso, Omp di dice disponibile a completare la presentazione dei documenti e di essere pronta ad una eventuale sperimentazione dell’attracco delle Panamax, ma il Porto pone dubbi sul traffico di camion che causerebbe la movimentazione delle granaglie per Omp che non vuole più farsi carico dei parziali costi di manutenzione di raccordo ferroviari».

Dunque, il progetto di Omp, l’unico presentato a Porto Marghera a tutt’oggi, rischia di saltare e le aree saranno restituiti ad Eni ?

«Il rischio che il progetto non prenda mai quota c’è, per questo la mia e le altre organizzazioni sindacali dei chimici chiedono con forza che le istituzioni pubbliche facciano quello che fino ad ora non hanno fatto, cioè facilitare gli investimenti. Comune e Regione dovrebbero smetterla di fare i notai e darsi da fare per determinare le condizioni favorevoli agli investimenti. Nel caso dell’Omp, dovrebbero mettere a confronto i soggetti in gioco con la famiglia Dal Sasso, proprietari dell’azienda che ha già una sede in provincia di Treviso, a cominciare dall’Autorità Portuale con tutti i suoi operatori compresi i terzisti e la Capitaneria di Porto, per permettere la costruzione del nuovo Oleificio Medio Piave, con l’utilizzo della banchina e creare così nuovi e stabili posti di lavoro. Invece, ad ogni incontro che ci convocano scopriamo che tra i soggetti in gioco continua lo scaricabarile e i progetti di nuovi impianti produttivi restano sulla carta».

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