Se genitore scalza padre e madre Scontro a Ca’ Farsetti

Il sindaco: «La proposta non ha il mio avallo, fa confusione» Seibezzi: «Non torno indietro, è previsto dal programma»
Di Francesco Furlan
ORSONI CANDIDATO SIDACO ORSONI CANDIDATO SIDACO
ORSONI CANDIDATO SIDACO ORSONI CANDIDATO SIDACO

«Non sono disposta a rinunciare a questa battaglia: cambiare un termine è un modo per cambiare il modo di vedere il mondo, e questo è uno dei punto qualificanti del mio mandato». Camilla Seibezzi, consigliere comunale della lista “In Comune” e neo delegata del sindaco ai Diritti civili, politiche contro le discriminazioni, e cultura Lgbtq (lesbian, gay, bisex, transgender e queer) non ha intenzione di ritirare la proposta che prevede l’introduzione nei moduli di Ca’ Farsetti del termine “genitore” - «ma senza la gerarchizzazione tra 1 e 2», precisa - in sostituzione di “padre” e di “madre”. Una proposta che sta scatenando mille reazioni e commenti e che fa storcere il naso anche al sindaco Giorgio Orsoni, che commenta tranchant: «È un’iniziativa che non ha il mio avallo, e che serve solo a fare confusione. Ne discuteremo». Peccato però, ricorda Seibezzi, che «i punti del mio mandato sono stati presentati e accettati dal sindaco». E sono, aggiunge «la naturale conseguenza delle iniziative prese fino a qui che hanno visto, ad esempio, modificare il nome della commissione “Politica per la famiglia” diventata, con l’accordo di tutti “Politiche per le famiglie”. Io non ho intenzione di farmi da parte, se non vogliono applicare i punti del programma mi revochino la delega, e decidano per un’altra maggioranza». Come a dire: nella coalizione di governo c’è l’Udc ma ci siamo anche noi. È proprio l’Unione di centro il partito che più di tutti alza le barricate contro l’iniziativa della Seibezzi. «Il sindaco» dice Simone Venturini, consigliere comunale capogruppo dell’Udc «non può lavarsene le mani. Deve richiamare all’ordine la Seibezzi, il cui incarico come delegata non è neppure stato concordato, e delimitare bene i confini della sua attività, per evitare iniziative pretestuose. Il sindaco deve fare da garante. Sono inaccettabili le dichiarazioni sulla rimozione dei termini “madre” e “padre” dai documenti del Comune». Ciò che fa discutere la città e l’Italia, è però già realtà in altri Paesi europei, da ultimo in Francia. «L’introduzione del termine “genitore”» aggiunge Seibezzi «fa semplicemente riferimento a una categoria più amplia rispetto a “madre” o “padre”, perché le famiglie possono essere composte anche da due madri, o da due padri. O ancora da un solo padre o una sola madre. Ciò non significa, come ironizza qualcuno, che i figli si rivolgeranno ai genitori chiamandoli genitore 1 o genitore 2». Ma poiché incidere sul linguaggio, vuol dire incidere sul pensiero, «si tratta di un modo per far capire che le famiglie possono essere molteplici. Non è una scelta estemporanea, ma il punto d’arrivo della ricerca scientifica: non si tratta di togliere un diritto, ma di estenderlo a qualcun altro». Il Partito democratico, principale partito della maggioranza, è pronto a sostenere la proposta, come spiega il consigliere capogruppo, Claudio Borghello: «È un’iniziativa che ci vede favorevoli, può essere fatta costo zero, e non ci vedo nulla di male nell’adeguamento dei moduli, con la scelta di un termine che non discrimina nessuno». Caustico Michele Zuin (Pdl): «Una battaglia completamente inutile, che rischia di compromettere le vere battaglie sui diritti concentrandosi sul formalismo dei termini nei moduli, una scelta che non ci vede d’accordo. Anzi, ci pare proprio una boiata». A difesa della Seibezzi interviene invece Sebastiano Bonzio che, facendo riferimento all’Udc, chiede a Orsoni «di fare chiarezza all'interno della maggioranza, non essendo possibile la nostra presenza a fianco di chi, per ragioni strumentali e di convenienza politica, nega la dignità di persone e famiglie».

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