Scopre l’epatite dopo 28 anni chiede 2,2 milioni di risarcimento

È una vicenda di malasanità che in Italia ha riguardato migliaia di persone che tra il 1970 e il 1990 si sono ammalate di Aids ed epatite B e C a causa di trasfusioni di sangue o emoderivati infetti.
E solo una parte di loro, attraverso vicende giudiziare infinite, molte delle quali finite alla Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo, è riuscita ad ottenere il risarcimento. Ora ci prova anche una donna di 59 anni che chiede al ministero della Salute un risarcimento per un totale di quasi 2 milioni e 200 mila euro. La vicenda di Anna - la chiameremo così - è da raccontare perché svela come, chi è affetto da epatite, lo possa scoprire a molti anni di distanza dall'infezione.
Anna, dipendente di un ufficio pubblico, l'ha scoperto 28 anni dopo, nel 2010, a seguito di un ricovero nel reparto di Neurologia dell'ospedale di Mirano, a causa di un brutto trauma cranico dopo una caduta accidentale. In quell'occasione i medici sottopongono la donna a una serie di accertamenti compreso, in presenza di valori di transaminasi alterati, a quello anti Hcv, che risulta positivo. Negli anni precedenti la donna aveva avuto svariati acciacchi: continui episodi di febbre, stanchezza costante, dolori addominali frequenti associati a coliche, ma gli approfondimenti fatti non avevano mai portato alla stesura di una diagnosi precisa, che arriverà solo dopo il ricovero a Mirano. Non c'è voluto molto per capire che l'epatite C era il risultato di alcune trasfusioni di sangue (emo-trasfusioni per complessive quattro sacche) cui la donna era stata costretta, nel giugno del 1982, durante un ricovero per un intervento d'urgenza all'ospedale di Mestre. Un legame che è stato sancito dalla specifica commissione medica di Padova la quale accerta il nesso di casualità tra l'epatite contratta e le trasfusioni subìte.
Le condizioni della donna nel frattempo si aggravano e nel 2011 la commissione medica di verifica la dichiara “non idonea in modo permanente e assoluto” al lavoro. Dopo aver scoperto di avere l'epatite e dopo aver preso coscienza di come è stata infettata, la donna, attraverso l'avvocato Renato Speranzoni, ha deciso di citare a giudizio il ministero della Salute, rispettando la norma che prevede che il risarcimento possa essere chiesto entro 5 anni dal momento della scoperta della malattia. Difficile però che la donna riesca a ottenere i soldi richiesti, come dimostrano le cronache di questi anni.
Lo scorso gennaio una sentenza della Corte Europea ha condannato per i tempi lunghi legati ai risarcimenti definendo però adeguata la somma di 100mila euro prevista come forfettaria per ogni persona danneggiata, come previsto da una legge del governo Renzi, con il ministro Lorenzin. Già nel 2007, con due leggi, il governo aveva aperto la strada ai risarcimenti, ma con paletti rigidissimi che hanno portato all'esclusione di molte delle domande presentate dai pazienti danneggiati. Il percorso della 59enne residente nell'entroterra veneziano è quindi tutto in salita. Le infezioni, come si ricorderà, sono legate al fatto che per anni alcune case farmaceutiche hanno immesso sul mercato alcuni flaconi di sangue presi da individui ad alto rischio, infettando migliaia di persone, in Italia e in tutto il mondo, con i virus dell'Aids e dell'epatite C.
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