«Scongiuro la Farnesina: salvate mio figlio»

Martellago. Il disperato appello della madre di Gianluca Salviato. Da cinque mesi nessuna notizia del tecnico rapito in Libia

MARTELLAGO. «So che lavorano ogni giorno, ma li scongiuro e prego che facciano il possibile perché mio figlio torni presto a casa. Mi viene da piangere vedendo quanto sta succedendo in Libia e in altre parti del mondo. Anche stamattina (ieri ndr) mi sono alzata alle 5 e ho visto nuovi morti. Siamo disperati, demoralizzati, arrabbiati. Ho la speranza che sia ancora vivo, che ritorni. Non si vive più, la mente è sempre occupata». È il disperato appello lanciato alla Farnesina da Gelsomina Bergamo è la madre di Luca Salviato, il tecnico 48enne rapito il 22 marzo a Tobruk, cittadina che si trova nella regione orientale della Cirenaica dove si trovava per lavoro.

In Libia si spara e si muore, ogni giorno. Le notizie provenienti dal Nord Africa fanno paura. E i famigliari di Gianluca, che non hanno notizie del congiunto da 166 giorni, sperano che non gli sia accaduto nulla, contano di poter riabbracciarlo al più presto. Avrebbe dovuto trascorrere la Pasqua con i suoi familiari, invece gli ultimi messaggi con loro risalgono a venerdì 21 marzo. I contatti sull’asse Roma-Martellago sono continui, anche perché l’uomo soffre di diabete.

Martedì c’è stato l’ultimo contatto tra i Salviato e i funzionari dell’Unità di crisi del Ministero degli Esteri. Si ribadisce l’attenzione, l’impegno. Ma non si può promettere nulla di più.

Salviato, residente a Trebaseleghe, si trovava in Libia per un’azienda friulana, la Enrico Ravanelli, che ha aperto un cantiere. Salviato sarebbe stato prelevato con la forza mentre faceva un sopralluogo per la manutenzione di un impianto di fognatura. Nell’auto del tecnico, gli inquirenti hanno trovato gli effetti personali, a partire dalla riserva di medicinali che servono per la sua patologia.

Erano stati i suoi colleghi a dare per primi l’allarme; essendo preciso e puntuale, non lo hanno visto arrivare e si sono preoccupati. A fine marzo, subito dopo il sequestro, la sorella Cristiana e la moglie del fratello, Maria Scarpa, incontrarono i funzionari della Farnesina e poi parlarono al telefono con il ministro degli Esteri Federica Mogherini. Tutti assicurarono il massimo impegno per riportare Gianluca a casa.

Sulla facciata del municipio di Trebaseleghe è ancora ben visibile lo striscione verticale con scritto: «Gianluca Salviato rapito in Libia. Tu non mollare! Noi non molliamo! … a presto». Di recente l’assessore provinciale alla Cultura Raffaele Speranzon aveva lanciato un appello sui social network perché il tecnico sia presto liberato. Ma in questi mesi la situazione interna alla Libia non è certo migliorata; due giorni fa ci sono stati 25 morti nei violenti combattimenti vicino all’aeroporto di Bengasi. «Ringrazio della vicinanza» continua la signora Bergamo «perché è giusto non dimenticare. Però cosa possiamo fare? Da Roma so che stanno lavorando. Altro non sappiamo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia