Scogliere e palancole in laguna: rispunta il progetto del Porto
VENEZIA. Scavi e scogliere nel canale dei Petroli. Palancole in ferro alte nove metri per una lunghezza di oltre un chilometro. Per farne una sorta di «autostrada della laguna» e fermare l’erosione. Rispunta il progetto dell’Autorità portuale e del Consorzio Venezia Nuova. Era stato bloccato nel 2013, pochi mesi prima degli arresti dello scandalo Mose. Adesso è pronto a ripartire. Si chiama «Protezione del Canale Malamocco -Marghera» e ha carattere di urgenza. Dovrebbe andare al voto della Commissione di Salvaguardia già martedì mattina. Ma la protesta monta. Italia Nostra, insieme alle associazioni Venezia Cambia, Ecoistituto e Lipu, ha inviato un appello al governo e alla Regione. «Chiediamo di fermare nuovamente questo progetto», scrivono Lidia Fersuoch, Michele Boato, Giampaolo Pamio e Marco Zanetti, «stravolgente e incompatibile con la laguna. Chiediamo siano utilizzati materiali compatibili, e non già sassi e cemento, e di attenersi al Piano morfologico del 1993 e al Palav. Si faccia la Valutazione di Impatto ambientale». «Se venisse approvato sarebbe un disastro», scrive nelle osservazioni Lorenzo Bonometto, esperto naturalista».
In cosa consiste la nuova proposta? Il progetto redatto, come quello di cinque anni fa, dallo studio di ingegneria di Padova Daniele Rinaldo, un tempo consulente fisso del Consorzio Venezia Nuova di Mazzacurati – prevede uno «stralcio urgente e provvisorio» con palancolate per delimitare le rive del canale Malamocco-Marghera, più noto come canale dei Petroli. «La madre di tutte le erosioni e dei guai della laguna», secondo gli ambientalisti e gli esperti di Idraulica. Perché le palancole? Perché il canale, ferita artificiale inferta alla laguna nel 1968, si interra. Dunque le navi non passano e bisogna scavare. E rendere artificiale il canale.
Si oppongono da tempo gli ambientalisti. Che propongono invece di ripristinare l’antico canale naturale, il Fisolo. Spingono invece il Porto e gli ingegneri. Che per far passare le grandi navi pensano anche a un allargamento dell’attuale canale per una lunghezza di otto chilometri.
«Questa è solo la prima parte, il progetto definitivo prevede una scogliera in pietrame al bordo della cassa di colmata B», spiega Fersuoch, «scogliera che non è prevista dal Piano morfologico del 1993, che anzi prescriveva di ridurre l’invaso e l’impatto del canale dei Petroli per andare verso il riequilibrio della laguna».
Secondo gli ambientalisti e gli esperti idraulici è urgente, come indicano anche le ricerche di Ca’ Foscari e Cnr, ridurre le grandi onde, che sono la causa dell’erosione dei bassifondi e delle casse di colmata e dell’interramento del canale. «Bisogna ridurre la dimensione e la velocità delle grandi navi », dice Fersuoch, «interrompere l’effetto del vento con morfologie lagunari, come motte, dossi, barene. Invece si va in direzione contraria».
Il progetto, già bloccato nel 2013, ripropone adesso l’uso di grandi scogliere in pietrame. Vietate dal Palav e incompatibili con i paesaggi lagunari. «Queste scogliere», dice la presidente veneziana di Italia Nostra, «verranno collocate anche di fronte alla cassa di colmata B. Anticipate adesso da un chilometro e mezzo di palancolate».
Insomma, una modalità di intervento che richiama le grandi opere del secolo scorso. All’erosione si fa fronte con interventi pesanti. Invece, obiettano gli ambientalisti, le leggi e i Piani in vigore prescrivono che per la conservazione delle caratteristiche fisco morfologiche e ambientali debba essere limitato il fenomeno dell’erosione. Usando materiali compatibili con l’ecosistema e tipologie di intervento rispettose degli aspetti ambientali».
«Bisogna andare in direzione del ripristino dell’equilibrio lagunare», dice Lorenzo Bonometto, «lo prescrivono le Leggi Speciali, ma nessuno sembra curarsene». L’obiettivo insomma non è quello di far passare le navi e adattare la laguna alle nuove dimensioni dei giganti del mare. Ma andare appunto verso il «riequilibrio». —
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