Scivolò dal tetto e morì due condanne a un anno

Malcontenta. Il 5 luglio 2011 perse la vita Claudio Bedin, 54 anni di Borbiago Assolti invece l’ad della Nuova Pansac e il direttore dello stabilimento
Borbiago: bedin vittima incidente sul lavoro
Borbiago: bedin vittima incidente sul lavoro

MIRA. Quasi sette anni dopo la tragedia, ieri pomeriggio è stata letta la sentenza che chiude la vicenda giudiziaria per la morte di Claudio Bedin, 54enne di Borbiago, socio lavoratore della società di impiantistica “Itc” ,che era scivolato dal tetto del capannone della Nuova Pansac di Malcontenta, morendo sul colpo dopo un volo di dieci metri. La pubblico ministero Carlotta Franceschetti, nella sua requisitoria datata 2015, aveva chiesto la condanna di tutti i quattro imputati. Dopo due anni di colpi di scena, con rinvii e una nuova persona da sentire, la sentenza: il direttore tecnico Enzo Ersini e il responsabile dell’officina manutenzione Daniele Olivi sono stati condannati dalla giudice Sonia Bello a 1 anno per omicidio colposo aggravato dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Assolti, con la formula “perché il fatto non sussiste”, Luca Ramella, amministratore delegato della Nuova Pansac, nel frattempo deceduto, e il direttore dello stabilimento di Malcontenta Giorgio Pivetta. Il ragionamento della giudice sarà messo nero su bianco con le motivazioni, ma si può ipotizzare che abbia ritenuto responsabili le due figure che avevano maggiori responsabilità operative rispetto all’intervento di Bedin.

Il 54enne era socio assieme al fratello della ditta di impiantistica e da anni lavorava all’interno della Nuova Pansac. Quel 5 luglio 2011 i due stavano effettuando un sopralluogo sul tetto del capannone per poi compilare un preventivo. Si trovavano in cima alla copertura poiché i tubi correvano lungo il capannone nel sottotetto, ma attraversavano anche il tetto all’esterno.

Claudio Bedin era salito per il sopralluogo ed era scivolato a terra. Stando alle accuse, gli imputati non avrebbero garantito all’artigiano di Borbiago le misure di sicurezza per eseguire quel intervento. Il fratello Luciano, in aula, aveva cercato di minimizzare le presunte responsabilità dei dirigenti della Nuova Pansac, sostenendo che ancora non c’era alcun contratto tra la loro ditta e quella di Mira, che il fratello era salito per alcuni controlli di sua spontanea volontà e che non capiva perché era salito sul tetto visto che i tubi erano tutti all’interno del capannone. A quel punto era stato ammonito dal giudice, che gli aveva mostrato una foto dalla quale si evince che i tubi uscivano sul tetto e soprattutto un disegno stilato prima di cadere a terra dal fratello, foglio che aveva abbandonato sul tetto.

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