Scienziato, anzi Sir, Tullio Pozzan entra nella Royal Society
Le scoperte del grande patologo mestrino hanno consentito di comprendere il sistema di segnali tra le cellule
Mestre. Chiamatelo Sir Tullio Pozzan, patologo e docente del Bo, entra nella Royal Society, l’accademia delle scienze londinese sorta nel 1660 e presieduta da Isaac Newton che, nel corso del tempo, ha annoverato tra i soci scienziati del tenore di Alessandro Volta, Albert Einstein, Rita Levi Montalcini. Sessantanove anni, già a capo del Dipartimento di scienze biomediche sperimentali all’università e dell’Istituto di neuroscienze al Cnr, Pozzan ha ricoperto incarichi di prestigio in Italia e all’estero, collaborando strettamente con il Premio Nobel per la chimica Roger Tsien.
Professore, lei entra nel gotha delle scienze per le sue ricerche nell’ambito dei sistemi che regolano i segnali tra le cellule. Provi a farci comprendere di che si tratta.
«Mettiamola così: le società funzionano perché assolve al proprio mestiere, beh, negli organismi avviene lo stesso. Il cuore pompa, i reni filtrano, i muscoli si tendono ma chi attiva e coordina queste funzioni? Oggi noi sappiamo che i comandi avvengono attraverso i segnali tra le cellule che viaggiano nel sangue e lungo i nervi e io, da decenni ormai, studio ciò che succede quando la cellula-bersaglio, quella destinataria, riceve l’input, cioè l’avvio del processo molecolare che regola i processi coordinati del corpo, evitando una Babele comportamentale».
Sembra il protocollo di un’intercettazione ma qual è la natura di questi messaggi?
«Ce ne sono moltissimi e diversi, dagli ormoni, all’adrenalina, all’insulina. In sé il messaggio è semplice, esprime sempre gli stessi ordini: attivati, fermati, accelera, rallenta. La difficoltà consiste nell’individuare e decifrare i meccanismi di trasmissione e interpretazione, che sono mutati nel corso di milioni di anni, evolvendo in corrispondenza alla maggiore complessità dell’individuo. Sia l’uomo che il lombrico ricevono segnali dalle loro cellule ma quelli del primo sono assai più complicati. È pur vero che a volte ci sono uomini più vicini ai vermi che alla specie sapiens, ma questo è un altro discorso... ».
A Londra, il 12 luglio, nella cerimonia ufficiale di conferimento, lei sarà accolto da un rappresentante della famiglia reale britannica. Avverte già un brivido?
«Che posso dire? È un onore, una grandissima soddisfazione che va oltre la mia persona. La Royal Society è un’istituzione unica al mondo per continuità e rigore della ricerca scientifica, e nell’ammissione dei membri distingue tra scienziati inglesi ed esteri. Questi ultimi sono assai meno numerosi, e finora tra gli italiani viventi questo riconoscimento è andato a personalità del calibro di Carlo Rubbia, Luigi Cavalli Sforza e Rino Rappuoli. Io ho una formazione di studio in Inghilterra, mia figlia è nata lì e mantiene la doppia cittadinanza. Conservo un legame forte con la comunità scientifica britannica, e questa è un’emozione intensa».
Di riflesso la sua nomina è un tributo non formale al valore dell’ateneo di Padova, glorioso, vitale e spesso al centro di critiche.
«La nostra università dispone di intelligenze straordinarie e di scienziati di alto livello. La qualità c’è, il rischio è che la difficoltà nel compiere un cammino di successo in Italia, dove reperire fondi e collaboratori è oggettivamente faticoso, scoraggi i migliori e li induca a scegliere destinazioni estere. La ricerca scientifica è dovunque un percorso ad ostacoli ma qui gli steccati sono più elevati che altrove».
Tra i suoi allievi figura tale Rosario Rizzuto, oggi rettore del Bo. Ci dica che a suo tempo gli ha tirato le orecchie.
«Haha, no. Non è andata esattamente così. Intendiamoci, “Sarino” non è farina per fare ostie ma l’averlo incontrato è stata una delle fortune della mia vita. Lui si è formato a New York e quando ci siamo incontrati, negli anni Novanta, sapeva maneggiare la biologia molecolare mentre io mi occupavo d’altro. Gli ho offerto di lavorare insieme, è andata bene: il nostro rettore non è uno “yes man”, disobbedisce spesso e volentieri, proprio per questo si è rivelato un collaboratore formidabile e un amico fraterno. Padova è fortunata ad avere al timone uno scienziato intelligente, valoroso e dalla schiena dritta».
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