Schianto in vacanza, famiglia distrutta. Il dolore unisce Mestre e la comunità bengalese
MESTRE. «Erano persone splendide, il dolore ci ha lasciato senza parole». Era una famiglia affiatata quella di Qamrul Islam, della quale lui andava fiero più di ogni altra cosa. Marito e moglie avevano lasciato il Bangladesh per cercare una vita migliore. Avevano vissuto a Vicenza e poi si erano trasferiti a Mestre, in un appartamento in affitto tra viale San Marco e via Forte Marghera. Stavano, però, per comperare casa nella zona di via Cappuccina, perché per loro le cose andavano bene. Il marito assieme alla moglie Tania, infatti, erano entrambi imprenditori e avevano dato vita a una ditta che lavorava per Fincantieri e si occupava della cosiddetta “molatura” delle navi. La donna stava in ufficio, il marito, invece, seguiva la parte relativa al cantiere. Alle loro dipendenze avevano 18 lavoratori, loro connazionali.
Una famiglia integrata, che frequentava la comunità bengalese, ma anche radicata nella società civile. Il bimbo più grande, Eusa, andava a scuola come tutti i suoi coetanei, frequentava la quarta elementare alla Leopardi di viale San Marco, a due passi da casa, passava il tempo con gli amichetti, giocava con i bambini della comunità, imparava l’italiano, la sua lingua e le tradizioni. Per le feste di Natale la famiglia aveva deciso di volare in Bangladesh e andare a trovare i parenti che non vedeva da tempo. A Mestre, infatti, vivono solo famigliari lontani, di terzo grado. Essendo un lungo viaggio, avevano pensato di prenotare con una compagnia aerea che fermasse in Arabia Saudita, per andare a pregare alla Mecca, ringraziare Allah e compiere la Umrah, il pellegrinaggio nella città santa per i musulmani.
«Avevamo cenato assieme qualche giorno fa», racconta Mohamed Alì, presidente della comunità bengalese, che adesso è distrutto dal dolore, «i nostri figli giocano assieme, era uno dei miei migliori amici». Per tutta la giornata di ieri Alì ha cercato di contattare la ditta, i dipendenti, di prendere in mano la situazione in attesa del ritorno dell’amico. Poi la notizia piovuta come un fulmine a ciel sereno, quella della morte di Qamrul. «Al momento dell’incidente», racconta, «stavano tornando dopo essere andati a visitare un paese vicino, a guidare era un loro parente, l’unico che si è salvato. Qamrul in ospedale si è svegliato per un attimo, gli hanno raccontato cos’era accaduto, poi ha perduto conoscenza di nuovo». Un dolore immenso. «Adesso sto cercando di contattare un consulente del lavoro, un notaio, di occuparmi degli operai, delle paghe, di capire cosa si può fare. Parlerò con la scuola appena terminano le vacanze». Tutto questo, però, pensando che il capo famiglia sarebbe tornato. Ora la comunità è piombata in un lutto ancora più grande e anche l’ultimo barlume di speranza si è spento.
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