Scaparro: «I veneziani si mobilitino»

Il regista interviene sull’invasione maleducata dei turisti: ognuno deve fare la sua parte per difendere la città
«Se Venezia affonda nel degrado turistico, dove sono finiti i veneziani per difenderla? ».


È la domanda che si pone – rispetto alla “deriva” urbana di queste calde settimane estive lagunari, tra tuffi in canale, amplessi in pubblico e atteggiamenti sempre più “sbracati” – un veneziano d’adozione come Maurizio Scaparro, reinventore del Carnevale di Venezia alla fine degli anni Settanta come (allora) un grande evento culturale e spettacolare.


Scaparro – in questi giorni impegnato a Torre del Lago per la regìa della «Bohème» al Festival pucciniano – segue a distanza le cronache giornaliere del turismo “cafone” in laguna e richiama in qualche modo all’ordine proprio i veneziani.


Scaparro, cosa pensa di questa “ondata” montante di turismo sempre più becero e trasgressivo a Venezia? Di chi è la colpa?


«Tutti se la prendono con la maleducazione e l’eccesso di questo tipo di turismo, e non sarà certo io a difenderlo, ne conosco bene gli effetti deteriori. Ma mi chiedo: solo colpa dei turisti? E i veneziani cosa hanno fatto e stanno facendo per difendere l’immagine e il decoro della propria città? Sono ormai troppo pochi per provare a difenderla? Di una cosa sono convinto: non ci si può limitare ad assistere passivamente a questo degrado della città sotto il peso dei flussi turistici, né limitarsi a “postare” la propria indignazione sui social o manifestare ogni tanto. Chi vive e chi ama Venezia – non necessariamente solo i residenti, anche chi la frequenta spesso, come faccio anch’io – deve, con coscienza civile, fare la propria parte per difendere la città».


Cosa intende?


«Non ci si può limitare a dire, “che vengano”. Ognuno nel suo ambito e nella sua situazione, deve combattere la propria personale “battaglia” per l’immagine e il decoro della città, che faccia, il commerciante, l’albergatore, il ristoratore, il gondoliere o, come nel mio caso, il regista teatrale. Ciascuno con i propri comportamenti e nei rapporti personali che intrattiene con i turisti può contribuire a “educarli”, a far loro capire come deve essere vissuta una città come Venezia. Se ognuno facesse così, la somma di questi comportamenti servirebbe anche a trasmettere un atteggiamento diverso della città verso i suoi ospiti, che comincerebbero a capire».


Chi dev’essere il primo a farlo?


«Ovviamente il sindaco della città. Io non conosco a fondo il primo cittadino Luigi Brugnaro, ma ricordo come in un’occasione recente a Venezia mi ricordò come fosse uno dei frequentatori e degli estimatori del “mio” Carnevale di Venezia, e la cosa mi ha fatto molto piacere. È anche dalla cultura, dall’offerta culturale, che una città come Venezia deve ripartire per trasmettere anche ai turisti meno sensibili un’immagine diversa di sé e qualificare le stesse presenze turistiche. Roma, ad esempio – dove vivo – è una città piena di problemi, ma sul piano del degrado turistico non è nelle condizioni di Venezia, proprio perché esiste un “tessuto” civico che affronta diversamente il rapporto con il visitatore».


Quale?


«Quella che a Venezia, in uno dei periodi di massima presenza turistica – e di quel turismo di passo che viene più criticato – come il Carnevale si organizzi un grande Festival del Teatro dedicato a Carlo Goldoni, così come a Salisburgo si organizza ogni anno il Festival mozartiano.


Si potrebbero portare qui alcune delle produzioni teatrali di testi di Goldoni che si fanno nel mondo e in questo modo, progressivamente si cambierebbe almeno in parte anche il tipo di turismo che frequenta la città in quel periodo. Se tu offri una qualità più alta di proposte anche sotto il profilo culturale, avrai anche turisti diversi, di altro tipo, più interessati a vivere e conoscere la città interamente e non unicamente per poche ore lungo la tratta San Marco-Rialto. Il miglioramento e l’orientamento dei flussi turistici si fa anche con ciò che una città come Venezia è in grado di offrire, al di là dei souvenir a basso costo, spesso di importazione.


È su questo che secondo me bisogna lavorare e se è ritenuto utile, sarei lieto nel mio campo e per quelle che sono le mie competenze a una città che amo e considero ormai un po’anche “mia” come Venezia».


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