Sant'Erasmo non vuole morire: due neonati salvano l’asilo

Viaggio nell’isola dove la scuola materna paritaria rischia di scomparire per il calo di iscrizioni

SANT'ERASMO. Saranno due “anticipatari”, neonati venuti al mondo ad aprile 2017, a salvare la scuola materna paritaria Giovanni XXIII a Sant’Erasmo. A loro si deve il raggiungimento di “Quota 8”, il numero minimo di iscritti. Senza, la campanella a settembre prossimo per i bambini dai 2 ai 6 anni dell’isola avrebbe rischiato di non suonare più.

È il destino di diverse scuole in laguna (l’ultimo caso arriva da Pellestrina, ma nei mesi scorsi l’allarme ha riguardato anche Castello e Giudecca), e coinvolge tanto gli asili quanto elementari e medie. A Sant’Erasmo, un sospiro di sollievo particolare ha accolto la notizia e ha reso felici genitori, residenti, parroco e maestre. Quella scuola, insieme alla primaria Vivarini, è un presidio fondamentale.

Tanto più in un’isola, abitata da 700 anime in costante calo, che è unita al resto della città da un battello all’ora e che sconta una carenza cronica di servizi. Tanto per dire: farmacia e ufficio postale non esistono, c’è un solo medico di base ogni 4 giorni, chiuso l’ultimo sportello bancomat, gli unici luoghi di aggregazione sono il ristorante Bacan, l’albergo Lato Azzurro, il supermercato (nella doppia veste di distributore di benzina) e una polisportiva per i giovani.

Per non parlare delle multe per le revisioni scadute: qui il ferry boat non ci arriva, e l’unica è organizzarsi con barconi da lavoro per trasportare i mezzi in terraferma (con costi elevati di tempo e denaro). «E infatti – spiega Angela Finco, una delle maestre della Giovanni XXIII – venire a lavorare, o a vivere, qui è una specie di missione. È un posto difficile e al tempo stesso magico, chi altro ha la possibilità di stare così a contatto con la natura?».

Da nove anni, lei e la sua collega Laura Mazzo, insieme a Milva Grandolfo e all’insegnante di inglese Cristina Bonaccin, mandano avanti la baracca. Ogni giorno, la campanella suona alle 8.45 e alle 16.15. Una decina, poco più, è il numero massimo di bambini che frequenta la scuola ogni anno.

«Siamo appese a un filo» spiegano le maestre «e se ci ammaliamo, viene chi sta meglio. Se chiudiamo, come fanno i genitori dell’isola? Le scuole più vicine distano almeno un’ora». Don Mario, parroco di Sant’Erasmo e Vignole, non vuole neanche prendere in considerazione la chiusura della scuola: «Sarebbe un segnale tremendo, per l’isola. Questa è una realtà piccola, occorre difenderla».

Nell’ultimo anno i nuovi nati si contano a stento sulle dita di una mano. Chi ormai è cresciuto, invece, ha già fatto il callo alle scomodità. Greta, ad esempio, ha 16 anni e frequenta il liceo Guggenheim di Venezia.«L’isola è bellissima» dice con un sorriso amaro «però siamo fuori dal mondo. Ci vorrebbero attrazioni per i giovani».

Racconta che il sabato sera, con gli amici, è costretta a “fuggire” a Venezia. E a tenere sott’occhio l’orologio: se perde il battello delle 22.30, non ha modo di tornare a casa. Proprio di recente, Ca’ Farsetti ha dato il via libera a una variante urbanistica ad hoc. Una scossa, dopo anni di stallo. Sarà più semplice allargare le case, costruire capannoni per gli attrezzi agricoli.

«Un primo passo» spiega Carlo Finotello. Nato e cresciuto nell’isola, dove ora dirige la sua azienda agricola, conferma: «vivere qui è una scelta di vita». Per Riccardo Stellon (Pd), però, la vera partita è si gioca su un altro campo: la residenzialità. «Al contrario delle promesse dell’amministrazione gli abitanti delle isole calano. Serve un cambio di rotta, altrimenti si scompare. La salvezza della Giovanni XXIII, così come dell’ isola, non può ricadere sulle spalle di due bebè». —
 

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