Salta l’appello del 9 marzo per fare nuove indagini: "Milly" si inventò una rapina

Ferita al volto dall'anziana che stava uccidendo,  Susanna Lazzarini ha detto al figlio di essere stata aggredita.   La Procura però insiste: da verificare il concorso nell’omicidio con Monica Busetto
La felicità di Monica Busetto dopo la scarcerazione e, a destra, Susanna "Milly" Lazzarini
La felicità di Monica Busetto dopo la scarcerazione e, a destra, Susanna "Milly" Lazzarini

VENEZIA. Il 20 dicembre 2012, il giorno in cui Susanna Lazzarini ha ammesso di aver massacrato l'anziana Lida Taffi Pamio, "Milly" (come la chiamano tutti) si è presentata al pronto soccorso dell'Angelo, raccontando di essere stata aggredita: una simulazione, per giustificare con il figlio - che l'aveva vista tornare a casa sconvolta - alcune botte e il giaccone nuovo che si era comprata, dopo aver gettato in un cassonetto il suo, sporco di sangue, insieme alla catenina d'oro che ha strappato dal collo dell'anziana.

Così ha dichiarato nel corso dell'interrogatorio fiume davanti alla pubblico ministero Lucia d'Alessandro, che ha riaperto un caso che sembrava ormai chiuso, aprendo soprattutto la cella del carcere della Giduecca nella quale era chiusa da oltre due anni l'operatrice sanitaria veneziana Monica Busetto, condannata per quell'omicidio che ha sempre dichiarato di non aver commesso.

La bugia.  L'omicidio di Lida Pamio è del pomeriggio del 20 dicembre. Quando Susanna "Milly" Lazzarini torna a casa, il figlio la vede sconvolta. Lei racconta di essere stata aggredita da uno sconosciuto mentre si era fermata tra via Cappuccina e via Carducci, per accendersi una sigaretta. L'uomo - dice - l'ha fatta cadere dalla bici. Racconta anche di essersi sporcata e di aver così gettato via la sua giacca, comprandone una nuova in un negozio di cinesi. Quel giorno il  figlio l'accompagna al Pronto soccorso dell'ospedale all'Angelo, dove la donna viene medicata. E la bugia si trasforma in "verità": fino alla confessione del 24 febbraio.

Agli atti il certificato medico del pronto soccorso, che non si è mai tradotto in denuncia. Gli investigatori non hanno trovato traccia di Dna sotto le unghie dell'anziana assassinata.

Delitto Pamio, la confessione della Lazzarini «Ho strappato la collana e l’ho buttata»
GIORNALISTA: Mion.AGENZIA FOTO: Candussi.LUOGO: Mestre.DESCRIZIONE: omicidio in corso del popolo

Appello rinviato. Intanto, il presidente della Corte d'Assise d'appello Giacchino Termini ha rinviato a data da destinarsi il processo d'appello per omicidio volontario a carico di Monica Busetto, che sarebbe dovuto iniziare il 9 marzo. «Spero che non slitti di un anno o più», dichiara il difensore, l’avvocato Alessandro Doglioni, ma per i giudici della Corte veneziana adesso quel processo non si può celebrare: davvero difficile smentire l’unica prova nel processo concluso con la condanna a 24 anni e mezzo per omicidio volontario, quella che afferma la presenza del dna della vittima nella collanina sequestrata nel portagioie di Monica Busetto. La prova tecnica è l’unico ostacolo per dichiarare da subito l’assoluzione per l’operatrice sanitaria mestrina, che ha l’obbligo di presentarsi ogni mattina nella caserma dei carabinieri di Castello.

«Ho sopportato perché sapevo che la verità sarebbe emersa»

In attesa dell’udienza, gli investigatori della Squadra mobile stanno compiendo accertamenti, soprattutto per appurare se “Milly” Lazzarini e Monica Busetto si conoscessero. Negli interrogatori entrambe lo hanno escluso. Non solo, quando sono state sistemate nella stessa cella del carcere della Giudecca ogni loro discorso è stato registrato e da quelle intercettazioni non appare evidente una loro conoscenza precedente. Soltanto dimostrando che si conoscevano ed erano quindi d’accordo, potrebbe scattare l’accusa di concorso nell’omicidio di Lida Pamio per Monica Busetto. Nel caso gli accertamenti fossero negativi, un’altra strada rimane aperta al presidente della Corte d’assise d’appello, quella di disporre ulteriore perizia sulle consulenze dell’accusa e della difesa. Si aprirebbe anche in questo caso una questione: sulla collanina ormai non c’è più alcuna traccia e quei 3 picogrammi di materiale umano rintracciati dalla Polizia scientifica di Roma, sufficienti stando ai tecnici della Ps per estrarre il dna della Lida Pamio, sono andati completamente distrutti nell’esame. Forse, neppure un secondo esame potrebbe aiutare. Ma il problema verrà affrontato al momento, per adesso il processo è stato rinviato per dare tempo agli investigatori della Squadra mobile veneziana di completare le indagini dopo le confessioni di Milly Lazzarini.

Omicida seriale? Sulla sua personalità e sul suo passato, già dopo la prima confessione, quella alla fine della quale è stata accusata dell’omicidio volontario di Francesca Vianello, erano state avviati accertamenti. Tanto che il procuratore aggiunto Carlo Nordio ha così risposto alla domanda: una donna che ha ucciso due volte, potrebbe averlo fatto ancora? «Bisogna riflettere sull’ipotesi seriale, anche il delitto di Francesca Vianello sembrava d’impeto e poi si è scoperto che era premeditato e Lazzarini si è presentata con guanti e cordino. Per questo le indagini sono ancora complesse».

 

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