Salmistrari, Ance Veneto: «Il Mose lo finiamo noi le piccole imprese locali hanno tutti i requisiti»

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la proposta

«Noi siamo pronti a metterci a disposizione per concludere i lavori del Mose. Le nostre imprese hanno la capacità operativa per farlo. Ma dovranno avere garanzie precise sui pagamenti e la solidità finanziaria del soggetto gestore». Giovanni Salmistrari, titolare dell’omonima impresa di costruzioni con sede a Venezia e presidente veneto dell’Ance, raccoglie l’offerta lanciata dai commissari e dal Provveditorato alle Opere pubbliche. Contenziosi e difficoltà con le grandi imprese, insieme allo scandalo e alle tante criticità scoperte nel sistema, hanno portato a una situazione di stallo. Il Mose è bloccato, o quasi. Ancora irrisolti i guai come la perdita d’acqua dalle tubazioni dei cassoni sott’acqua, la corrosione dei materiali, i sedimenti che si accumulano nei cassoni e impediscono il rientro delle paratoie come successo a Treporti.

A questo si aggiunge una polemica infuocata. Gli amministratori straordinari del Consorzio nominati dall’Anac, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola, hanno stabilito che le tre grandi sorelle maggiori azioniste del Consorzio (Condotte, Grandi Lavori Fincosit e Mantovani) non potranno avere assegnati altri lavori e avere accesso ai cantieri. Hanno applicato lo Statuto del Consorzio che prevede questo per le imprese in difficoltà finanziarie o in concordati (le prime due). Per la Mantovani invece scatta la sospensione per aver affittato del ramo d’azienda a una Newco, la Coge Mantovani. Il passaggio di quote è possibile, ma non il trasferimento dei diritti ai lavori. Da sempre il Cvn di Mazzacurati distribuiva i lavori alle imprese in regime di monopolio, senza gare. In percentuale corrispondente alla quota azionaria.

Come si fa adesso senza le tre «grandi»? «Il Mose lo possono completare le piccole», hanno detto per una volta concordi i commissari e il provveditore.

Adesso Salmistrari raccoglie l’invito. «Ci sono stati periodi difficili, in cui le imprese non venivano pagate», dice, «adesso il meccanismo si sta finalmente sbloccando. I finanziamenti adesso ci sono. Dunque sarebbe possibile che le piccole imprese subentrassero, ne hanno le capacità. Al momento della formazione del Consorzio le grandi aziende erano state scelte per la loro capacità finanziaria. Dovevano garantire la Banca europea degli Investimenti di fronte a mutui miliardari. Adesso quel problema non c’è più».

Le imprese «locali» del Consorzio, con Vittadello, Rossi, Gregolin, Salmistrari, raccolte nel Consorzio San Marco, detengono appena il 13,1 per cento delle quote azionarie del Consorzio. Un altro 17,554 è di Italvenezia. La maggioranza è delle imprese romane, con il 29,34 della società «High Tyde» che fa capo a Condotte Fincosit, il 25,44 pr cento del Covela (maggioranza Mantovani, che possiede di suo un altro 3,32 per cento).

Un buon 5,1 per cento infine è del Consorzio cooperative costruzioni di Ravenna (CCC). Un puzzle destinato a modificarsi ancora. In vista del completamento del Mose, la struttura del Cvn non avrà più senso. Si dovrà avviare un soggetto incaricato della gestione e della manutenzione. Un’Agenzia di cui facciano parte lo Stato Italiano, il Comune, la Città metropolitana e la Regione, sta scritto nel protocollo per l’autonomia del Veneto. —

A.V.

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