Ruotolo non ha un alibi. «Ero a casa da solo»

Sentito più volte dai carabinieri non ha mai cambiato la sua versione. I parenti delle vittime: «È venuto a farci le condoglianze, se è lui è un mostro»
I sub nel laghetto del parco di via San Valentino, dove hanno trovato il caricatore
I sub nel laghetto del parco di via San Valentino, dove hanno trovato il caricatore

PORDENONE. Gennaro Ruotolo, il militare di 26 anni indagato per il duplice omicidio dei fidanzati, non avrebbe un alibi per la sera e l'ora del delitto. Lo si è appreso da fonti vicine agli ambienti investigativi. Il giovane, che nel corso di questi sei mesi è stato ripetutamente sentito dagli investigatori, ha sempre affermato di trovarsi nella propria abitazione, da solo. Ma l'alibi del fermato, entrato da subito nelle indagini, non ha mai convinto. Sentito più volte dai carabinieri, il ragazzo ha ribadito di non aver mai avuto motivi di rancore verso l'ex coinquilino e la sua fidanzata. Ma qualcosa nella ricostruzione di quelle ore non collima. Circa il movente, gli inquirenti non si sono sbilanciati, anche in considerazione della lunga conoscenza che c'era tra Trifone e Ruotolo. Al vaglio la pista di un’eventuale gelosia di quest’ultimo nei confronti di Ragone per il suo rapporto con Teresa. Ma si tratta solo di ipotesi sulle quali gli investigatori devono ancora fare chiarezza.

I genitori di Teresa Costanza, la trentenne assicuratrice che nel tempo libero talvolta faceva la ragazza immagine in alcuni locali (a Treviso era stata qualche volta al Ligotto, in zona Fonderia), sono choccati all’apprendere che l’indagato è Ruotolo: «È venuto da noi in hotel, a Pordenone, a farci le condoglianze. E ci ha abbracciato. Se veramente le cose stanno così, è un mostro e ha tante cose da spiegare». Rosario Costanza, papà di Teresa, si sfoga. Premettendo sempre che, in ogni caso, l’amico di Trifone è solamente indagato: la sua colpevolezza è tutta da dimostrare.

«È una sensazione indescrivibile», sospira Francesco Ragone, il padre del sottufficiale dei carristi barbaramente trucidato insieme alla sua fidanzata. «Noi abbiamo sempre pensato che Trifone conoscesse il suo assassino», aggiunge Francesco Ragone, «l’avevamo capito dalle immagini della scena del delitto». Una sensazione condivisa anche dai parenti di Teresa: «Si pensava che fosse qualcuno vicino ai ragazzi». L’assenza di reazione delle vittime e in particolare di Trifone, militare addestrato a percepire il pericolo, erano state registrate da inquirenti, familiari e legali della famiglia, che stanno svolgendo indagini difensive.

L’assassino li aveva colti di sorpresa. «Oggi è una giornata importante, in cui si apre uno spiraglio di luce», commenta l’avvocato Giacomo Triolo che, insieme a Carla Sgarito e Selenia Failla segue la famiglia Costanza. «Siamo di fronte a una svolta, ma ora le indagini devono continuare. Questo è un punto di partenza. Perché, va ribadito, stiamo parlando soltanto di un indagato e questo non significa assolutamente che sia colpevole, ma solo che è oggetto di un’istruttoria che va completata. Non c’è stata, difatti, alcuna misura cautelare. Il fatto, però, che al ritrovamento del caricatore nel lago sia seguito un avviso di garanzia, significa che la pista seguita finora dagli inquirenti sta dando risultati». Il legale di fiducia dei Costanza sottolinea come le famiglie «siamo molto provate» e non si diano pace.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia