Rubelli ritorna alle origini 130 anni di storia e tessuti
Rubelli torna a casa insieme ai ritratti degli avi, ai tessuti di metallo, i damaschi, i velluti, i soffitti decorati e le scale di pietra che collegano, oltre ai quattro piani, anche il passato al futuro. La storia lunga e felice dell’azienda tessile si ricompone a Palazzo Pisani Rubelli, a San Samuele, dove ha sempre vissuto la famiglia e dove, tra pochi giorni, aprirà ufficialmente anche lo show room, dopo dieci mesi di restauro e il trasloco da Palazzo Corner Spinelli.
Un ritorno alle origini, salde nelle mani di Alessandro e dei figli Lorenzo, Nicolò, Andrea e Matilde, con la sesta generazione, quella dei nipoti, già all’orizzonte, e con un lieve cambio di passo, che vuole trasformare l’edificio del Trecento in un salotto diffuso, aperto alla città, nel quale entrare per dare un’occhiata, comprare chilometri di tessuti o solo uno scampolo, e ritrovarsi per la presentazione di un libro, una conferenza, un incontro.
Sui 400 metri quadrati di superficie ritornano a intrecciarsi i centotrent’anni dei filati che hanno arredato regge e palazzi, teatri e case favolose, musei e castelli; filati che hanno attraversato tre secoli, due guerre, scelti da principesse e capi di Stato, tramandati di generazione in generazione, come si fa con gli antichi mestieri e i saperi preziosi; tessuti imprestati alla moda, al design; essi stessi opere d’arte, come i 7 mila pezzi dell’archivio storico, dalla seconda metà del Quattrocento ad oggi, visibili a rotazione nel portego del piano nobile, e per il resto chiusi al sicuro in un caveau a temperatura costante.
Drappi, paramenti, a volte solo frammenti più piccoli di un fazzoletto, o entrati nell’immaginario collettivo, come la seta color acquamarina scelta da Tiffany per arredare i suoi negozi, o i velluti delle borse di Roberta di Camerino, o i tessuti nati grazie alla collaborazione con Guido Cadorin, Vittorio Zecchin, Gio Ponti.
E via via, cassetto dopo cassetto, come spiega la show room manager Maria Chiara Klinger Mazzarino, sfilano il tessuto “ganzo”, del Settecento, in metallo, e l’“allucciolato”, su velluto alto e basso, con trame d’oro, anellini di metallo, non riproducibile; passa una storia imprenditoriale, di gusto e creatività che nemmeno l’illuminato Lorenzo Rubelli, nel 1889, avrebbe mai potuto immaginare.
Oggi, a piano terra, scende dal soffitto un tessuto con fibra ottica in trama, cioè dotato di luce propria, come avesse un’anima. Piano dopo piano, si svela il resto. La stanza riservata alla vendita di piccoli tagli, i due salotti dedicati ai mobili - quelli della collezione Rubelli e la Stanza Donghia con le pareti di velluto - , la sala con i ritratti di famiglia, quella del Caminetto, rivestita di Damasco Bestegui blu e oro, che sarà riservata ai piccoli eventi.
Dal futuro al passato, all’incontrario, tra i tetti, le altane, le corti, la vita quieta di San Samuele dove Rubelli è già “influencer”. La piccola terrazza dei vicini, per ben figurare, è subito stata rivestita con un tessuto a effetto mattoni.
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