Rubano l'auto della boxeur: all'interno c'è la sua protesi

Erika Novarria, atleta disabile, costretta a disertare l’Uguale Days di Marghera. Era attesa dall’Union Boxe Mestre, ma senza l'arto meccanico non ha potuto gareggiare

MARGHERA. Lo sport senza barriere resta una conquista. Ed eventi che promuovono l’inclusione di atleti disabili, come “Uguale Days” il prossimo weekend a Marghera, diventano la vetrina per ricordare, con storie vere e poco note, che passi avanti il nostro paese ne deve fare tanti. Non arriverà a Marghera, nonostante l’invito dell’Union Boxe di Mestre, l’atleta Erika Novarria, la prima donna in Italia che fa pugilato con una protesi ad una gamba.

Lo scorso 3 maggio la 27enne atleta e allenatrice milanese aveva pubblicato un accorato appello su Facebook in seguito al furto della sua automobile, sotto casa, all’interno della quale c’era la protesi che le serve per camminare, allenarsi.

«Libertà persa. Riportatemi il mio piede, vi prego», aveva scritto su Facebook lanciando a più riprese messaggi e inviti a ritrovare, non tanto la macchina, quanto la necessaria protesi. Costosa, visto che ha un valore di circa 8 mila euro. Ed è scattata una gara solidale con un’azienda di Milano che ha annunciato di aver comperato un nuovo arto protesico per far tornare Erika sul ring.

Al festival di Marghera, al suo posto, ci sarà il primo e unico arbitro di boxe, amputato al mondo: Roberto Camelia, che racconterà la sua storia.

La vicenda di Erika ha avuto eco nazionale anche perché il mondo della boxe sta premendo sulla Federazione nazionale per aprire le porte agli atleti con disabilità. La Union Boxe di Mestre è tra le società che ha offerto ospitalità ad Erika per allenarsi e gareggiare. Lo stesso ha fatto la palestra di “Padova Ring” alla Guizza che la attendeva per una gara, saltata dopo il furto della protesi. Questo perché i boxeur disabili, uomini e donne, di fatto non possono gareggiare.

Luciano Favaro della Union Boxe di Mestre ci racconta: «Noi in palestra abbiamo atleti disabili che vogliono fare pugilato. Possiamo ospitarli, noi, perché riusciamo ad attrezzare uno spazio per loro e abbiamo la copertura assicurativa totale che è una regola per tutti, grazie alle norme date dalla nostra amministrazione comunale. Il nostro sogno, lo ammetto, sarebbe anche vedere la boxe diventare sport paralimpico». Ma per la commissione medica Federale Fpi i disabili non possono fare boxe.

Anche per il tesseramento 2018 è arrivato il parere contrario: no anche alla “gym boxe”; consentita solo la pratica senza contatto. Dal Veneto si è levata la protesta: «I tesseramenti dei disabili, ad oggi, sono formalmente decaduti perché questi tesserati non sono coperti da alcuna assicurazione, come invece il normale fruitore delle nostre strutture», scrive Fulvio Marchesini del comitato veneto alla Fpi. Tutti chiedono cosa devono fare, visto che per il Coni è previsto «il tesseramento di una persona disabile». Bel dilemma.

Nel mondo si lavora per l’ingresso della boxe nei giochi Paralimpici del 2024. In Italia invece si fatica anche solo ad allenarsi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia