Rubano i medicinali antitumorali per rivenderli. Presi

Smantellata dai carabinieri un'organizzazione camorrista che sfruttava il dolore dei malati. I criminali facevano sparire dagli ospedali i preparati anticancro per rivenderli ai clienti più danarosi. Furti anche in Veneto
VENEZIA. Senza più limite umano: volevano fare soldi sfruttando il dolore delle persone malate di tumore per rivendere sottobanco i costosi farmaci antitumorali che erano a loro destinati. Anche nel Veneto. La camorra non si ferma più davanti a nulla. Il tesoro a cui puntavano erano i costosi antitumorali che vengono dispensati dagli ospedali, che così restavano senza e non potevano darli ai malati. Loro invece li rivendevano a clienti danarosi. Nel traffico di farmaci scoperto dai carabinieri tutto poteva essere rubato, 'ripulito' e rimesso sul mercato. Con un danno per lo Stato e per i pazienti. Scassinatori professionisti si dedicavano agli ospedali, altri trasportavano e stoccavano la merce rubata, altri gestivano la ricettazione della refurtiva all'estero, dove venivano create società ad hoc per poterla riciclare, altri ancora curavano il fronte interno, dove medicine venivano proposte e 'piazzate' a farmacisti compiacenti.
 
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Nel 2014, il periodo oggetto d'indagine, sono stati 13 i furti nelle farmacie ospedaliere di Emilia-Romagna, Marche, Piemonte, Lombardia e Veneto, più altri sette in strutture diverse per un bottino valutato per difetto in 2,1 milioni.
L'organizzazione, con base in Campania e attiva soprattutto al Nord, ha ricevuto un colpo dall'operazione 'Caduceo', dal nome del bastone alato del dio Ermes, emblema della medicina: all'alba i carabinieri hanno eseguito 15 ordinanze di custodia cautelare in carcere del giudice delle indagini preliminari (Gip) di Bologna, una ai domiciliari più un obbligo di firma; due persone sono ancora ricercate e altre sono indagate. Otto le farmacie perquisite con la collaborazione dei carabinieri del nucleo antisofisticazione (Nas) in mezza Italia; diversi i sequestri nel corso dell'indagine.
Il magistrato della Direzione antimafia Enrico Cieri contesta a molti arrestati l'associazione a delinquere con l'aggravante di aver agito per agevolare un'associazione camorristica, per l'emergere dei legami con il clan Licciardo: sembra che il gruppo pagasse somme di denaro per poter proseguire la propria attività.
L'associazione funzionava come una filiera e girava attorno ad un arrestato del Napoletano, ritenuto trait d'union tra la 'batteria' che si occupava dei furti, con corrieri e ricognitori, e i ricettatori dei farmaci. I medicinali di categoria H, in Italia dispensabili solo negli ospedali, venivano esportati attraverso un meccanismo che ne prevedeva l'acquisto attraverso società inesistenti create soprattutto nei Paesi dell'Est e l'immissione sul mercato del Nord Europa. Gli altri, di tipo A o C, erano invece destinati a farmacisti italiani, che ora rischiano di finire nei guai.
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Il procuratore di Bologna Giuseppe Amato ha sottolineato l'importanza di un'indagine che ha contrastato "un fenomeno odioso", da un lato perché "ogni singolo furto ha provocato un danno alle casse pubbliche di centinaia di migliaia di euro".
Dall'altro perché i malati di tumore venivano privati delle cure. Con un rischio ulteriore per la salute, inoltre, rappresentato dal mancato rispetto delle rigorose norme di conservazione degli antitumorali. 

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