Rompe la protesi al seno, operaia risarcita dalla ditta

Incidente sul lavoro nel 2012 a Porto Marghera, vittima una addetta alle pulizie. Il tribunale di Venezia condanna la società a pagare oltre 15mila euro alla donna
Chirurghi impegnati in un'operazione chirurgica in una foto d'archivio senza data. Violano il codice deontologico i medici che sottopongono ad interventi pazienti "inoperabili" e afflitti da patologie che lasciano loro solo poco tempo di vita, anche nel caso in cui sia stato proprio il paziente a dare il suo consenso informato all'operazione. Lo sottolinea la Cassazione. EPA/CLEVELAND CLINIC / HO EDITORIAL USE ONLY / NO SALES
Chirurghi impegnati in un'operazione chirurgica in una foto d'archivio senza data. Violano il codice deontologico i medici che sottopongono ad interventi pazienti "inoperabili" e afflitti da patologie che lasciano loro solo poco tempo di vita, anche nel caso in cui sia stato proprio il paziente a dare il suo consenso informato all'operazione. Lo sottolinea la Cassazione. EPA/CLEVELAND CLINIC / HO EDITORIAL USE ONLY / NO SALES

MARGHERA. Sposta un secchio pieno d’acqua che era troppo pesante, perde l’equilibrio, scivola e sbatte contro il lavandino, rompendosi la protesi al seno.

Quasi cinque anni dopo l’incidente sul lavoro, il tribunale di Venezia ha condannato la ditta al pagamento dei danni all’operaia: 15.484,15 euro oltre agli interessi e alle spese di lite. Il fatto risale all’ottobre del 2012. La donna era alle dipendenze, con mansioni di addetta alle pulizie, della “Divesas Spain Solution Clean”, ditta con sede legale in Spagna e sede secondaria a Vicenza che si occupa di pulizie e disinfestazioni di edifici industriali. Fino al giorno dell’incidente, l’operaia era sempre stata designata alla pulizia dei bagni e degli uffici della Pilkington di Porto Marghera.

Quella mattina di ottobre, invece, la donna era stata destinata al Centro Intermodale Adriatico, sempre a Porto Marghera, le cui pulizie erano sempre assegnate alla ditta spagnola. Ed è qui che è avvenuto l’incidente sul lavoro.

La donna, in virtù della sua situazione di salute, era stata giudicata idonea alla mansione di addetta alle pulizie, ma la ditta doveva osservare alcune prescrizioni nell’assegnazione degli incarichi.

Tra queste, il divieto di carichi pesanti e di sollevamento pesi. L’infortunio era avvenuto negli spogliatoi, nel momento in cui la donna era impegnata nello svuotamento di un secchio di acqua da 25 litri. Nel mantenere sollevato il carico sopra al lavandino, aveva sentito un dolore forte. Aveva quindi perso l’equilibrio, impattando con il seno sinistro - dove in precedenza le era stata impiantata la protesi - contro il bordo del lavandino. La lavoratrice aveva riportato un trauma alla scapola e un trauma toracico con rottura della protesi al seno e nel periodo successivo all’infortunio aveva dovuto sottoporsi all’intervento chirurgico di sostituzione della protesi.

Stando alla testimonianza di una collega, è emerso che per le pulizie al Centro Intermodale Adriatico si svuotavano i secchi d’acqua a mano perché non c’erano sollevatori. La ditta, dal canto suo, si è costituita in giudizio chiamando in causa l’assicurazione e chiedendo comunque il rigetto della domanda di risarcimento in ragione della non gravosità delle incombenze affidate alla donna. La giudice Margherita Bortolaso ha determinato il risarcimento tenendo conto non solo del danno biologico patito dalla donna, ma anche di quello morale e per la sofferenza. A pagare dovrà essere direttamente il datore di lavoro e non l’assicurazione: la giudice ha rigettato la domanda di manleva.

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