Rolex taroccati in spiaggia, ambulante assolto
JESOLO. La contraffazione non è credibile se chi vende un Rolex Daytona o un Panerai che, minimo, valgono quattromila e cinquecento euro si piazza in spiaggia e li fa pagare 20 o 30 euro.
Proprio per questo, ieri, il giudice monocratico di Venezia Fabio Moretti ha assolto un giovane senegalese, Diam Alioune, che doveva rispondere di ricettazione e contraffazione di marchi. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna per entrambi i reati a otto mesi di reclusione.
La formula decisa dal magistrato è stata quella del fatto non sussiste, la stessa che aveva chiesto il difensore, l’avvocato Fabiana Danesin, la quale si è battuta sostenendo che la contraffazione degli orologi era davvero grossolana, che il prezzo era evidentemente in contraddizione con il tipo di orologi in vendita, se fossero stati originali, inoltre, il luogo - la spiaggia di Jesolo - non era certo il luogo per vendere orologi di marca. Insomma, nessuno poteva essere tratto in inganno.
Alioune era accusato di aver contraffato e posto in vendita tredici orologi di grandi marche: un Montblanc, 4 Rolex, un Panerai, 5 Braitilig e altri ancora.
A pizzicarlo, nell’estate di sei anni fa, sulla spiaggia di Jesolo erano stati gli uomini della polizia municipale.
L’accusa ha portato a testimoniare in aula, ieri, due esperti di orologi di lusso, i quali hanno spiegato che le contraffazioni erano piuttosto evidenti, alcuni avevano i cinturini in pelle quando invece quelli originali sono venduti con quelli in acciaio, nessuno aveva il numero di matricola stampato sulla cassa quando ormai ogni orologio di marca lo ha per risalire al luogo dove è stato acquistato, il marchio era simile ma inciso in un luogo diverso da dove solitamente viene piazzato dalla casa madre.
Particolari che in tutta evidenza rendevano gli orologi sequestrati all’ambulante senegalese fasulli.
Poi c’era soprattutto il prezzo: se fosse stato originale, ognuno di quei pezzi doveva valere almeno quattromila euro, mentre erano posti in vendita a poche decine di euro.
Per il pubblico ministero, che ha chiesto la condanna, si sarebbe trattato di una contraffazione che avrebbe potuto trarre in inganno il cliente, mentre l’avvocato Danesin, nominata d’ufficio, ha cercato di smontare l’accusa, elencando tutte le incongruenze.
Il giudice, in mezz’ora di camera di consiglio, ha ritenuto di sposare la tesi della difesa e ha assolto l’imputato.
Giorgio Cecchetti
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