Rogo azienda rifiuti: «Criminalità organizzata dietro a questo scempio»
CAORLE. «Siamo nel mirino della criminalità organizzata perché chi altro potrebbe colpire in questo modo?». Ha pochi dubbio Diego Giro, socio e direttore tecnico della Fe.Mar Ambiente, su chi ci sia dietro la mano che la scorsa notte ha dato alle fiamme il suo capannone di Caorle.
«Io non so se ci sia un legame con gli incendi di Mogliano e della Riviera del Brenta, spetta a chi indaga stabilirlo», aggiunge Giro, «qui dietro pma er me c’è la criminalità organizzata, mafia o camorra o quello che sia, che vuole mettere le mani sui rifiuti». Il responsabile della società si sfoga e spiega di non aver mai ricevuto minacce ma ai carabinieri di Caorle, che lo hanno ascoltato una prima volta per un tratteggiare un primo quadro, ha fornito alcuni elementi su contatti che, nei mesi scorsi, avrebbe avuto con altre società che hanno bussato alla sua porta per fare affari nel settore dei rifiuti. La Fe. Mar. Ambiente è una società che si occupa del trasporto di rifiuti, il 99% delle quote appartiene a Debora Gnan, l’1% proprio a Rigo. Lo scorso dicembre ha vinto un appalto per un valore di quasi 800 mila euro per il servizio di raccolta dei rifiuti a Cremona.
Il capannone andato a fuoco è stato preso in affitto dalla società, per due anni, d’intesa con lo studio Salvador di Portogruaro, custode e delegato alla vendita dal tribunale di Venezia del bene pignorato alla Manufatti Cementi srl (società di cui era proprietario lo stesso Rigo) in conseguenza al fallimento di un’altra società di Giro, la Ecoverde, chiusa alcuni anni fa dopo un lunghissimo contenzioso con il Comune di Lignano (Udine). Nel 2004 infatti la Ecoverde, con regolare bando, si era aggiudicata il servizio di raccolta e asporto dei rifiuti nel Comune friulano, ma il rapporto con l’amministrazione comunale fu sempre molto complicato tanto che la maggioranza a guida Forza Italia, nel 2006, decise di chiudere il contratto optando per un affidamento “in house”. Ecoverde resistette per tre anni, fino al fallimento del 2009, che si concluse con una transizione di 1 milione di euro da parte del Comune di Lignano a favore di Giro.
Una vicenda che, sul fronte penale, si trascina ancora in tribunale. Nel 2014 Giro è stato condannato in primo grado dal tribunale di Udine a un anno e tre mesi per frode nelle pubbliche forniture perché caricava rifiuti solidi urbani da alcuni comuni veneti e li conferiva nell’impianto di smaltimento di San Giorgio di Nogaro dove avrebbe però dovuto portare solo quelli raccolti a Lignano. Proprio in questi giorni a Trieste si sta celebrando il processo d’appello. «Rispetto la sentenza di primo grado», dice Giro, «ma voglio dimostrare che si tratta di accuse infondate e che in primo grado è stato fatto un errore».
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