Robot in corsia per tremila bimbi che temono gli esami

Università di Venezia e Padova alleate nella “robot therapy”. E le macchine comandate dal pensiero aiuteranno i disabili
Foto Agenzia Candussi/ Chiarin/ Mestre, campus scientifico Ca' Foscari via Torino/ Presentazione del progetto "Baby Avatar"- nella foto: Agnese Suppiej durante una dimostrazione
Foto Agenzia Candussi/ Chiarin/ Mestre, campus scientifico Ca' Foscari via Torino/ Presentazione del progetto "Baby Avatar"- nella foto: Agnese Suppiej durante una dimostrazione

MESTRE. Quello che oggi «sembra fantascienza, presto sarà scienza».

Va tenuta a mente la previsione di Flavio Sartoretto, professore associato del Dipartimento di Scienze ambientali, Informatica e statistica del campus universitario di Ca’ Foscari in via Torino, esperto di scienze mentali. Perché le macchine, i robot, che per molti sono uno spauracchio perché “potrebbero portarci via il lavoro”, sono invece visti dai ricercatori come futuri “corpi di cortesia”, capaci di sostituirsi nei movimenti a persone impossibilitate a muoversi, sostituire studenti con arti ingessati nelle aule di studio oppure esprimere le emozioni di chi si trova in stato di coma.

L’Università di Ca’ Foscari si allea a quella di Padova in un progetto dedicato, per ora, ai bambini. Agnese Suppiej e Roberto Mancin del Dipartimento di salute della donna e del bambino dell’Università/Ospedale di Padova erano ieri a Mestre per illustrare agli studenti di informatica il loro ultimo progetto: assistere i tremila bambini che ogni anno entrano nella stanza di terapia antalgica della Pediatria di Padova attraverso la “robot therapy”.

Il robot Pepper, bianco e snodabile, e che costa 15 mila euro, è capace di interagire con il bambino che deve essere sedato per una gastroscopia, per un prelievo di midollo o che ha paura della puntura per il vaccino. Può essere programmato per parlare in tante lingue, non solo italiano e inglese. E può diventare un assistente di medici e infermieri. La sperimentazione parte dai risultati, parziali, di una tesi di laurea in infermieristica che ha testato il robot più piccolo, 60 centimetri, nella corsia di Pediatria di Padova su 14 piccoli pazienti: «Con la robot therapy», dice Roberto Mancin, «si ha un dimezzamento dei livelli di ansia e paura nei piccoli pazienti. In 4 casi su 14 si ha la remissione totale; in altri 3 casi la terapia sedativa richiede un minor utilizzo di farmaci e produce un risveglio più veloce». Il robot che tranquillizza i bambini funziona nel 50% dei casi tra i 3 e i 6 anni e nel 72% dei casi nei bambini da 7 a 10 anni. Più difficili sono i ragazzini da 11 a 16 anni. Il progetto parte tra febbraio e marzo prossimi grazie ad un finanziamento dalla Cariparo di 47 mila euro, ottenuto dalla Fondazione Salus Pueri per questa sperimentazione.

«La ricerca sull’attività encefalografica, sulle onde prodotte dal cervello, ha visto passi avanti importanti negli adulti ma bisogna ancora studiare il cervello dei bambini», dice Agnese Suppiej. Il cervello giovane si modifica fino ai 18 anni. E i robot diventano “cuccioli” tecnologici per tranquillizzare i bambini in ospedale. Ma non solo: robot come “Pepper” possono essere comandati dal pensiero, attraverso il controllo dell’attività elettrica del cervello, indossando uno speciale casco. Tecnica applicabile per le più diverse disabilità. E anche qui si apre un mondo di applicazioni. Ca’ Foscari vuole essere della partita e ha invitato i giovani informatici e studenti delle materie umanistiche a collaborare al progetto, lavorando su algoritmi e computer, preparando tesi o aiutando nella raccolta dei dati di una ricerca che può diventare la scienza, appunto, di domani.

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