Roberto Tegon accusato di usura: banconote fotocopiate in cassa
di Giorgio Cecchetti
JESOLO. Gli aveva prestato poco più di 70 mila euro nel 2006 e lui gli aveva pagato già 700 mila euro, ma il conto superava abbondantemente il milione di euro. Stando alle accuse, Roberto Tegon prestava soldi a tassi da usura (15% alla settimana) e per questo reato è stato arrestato due giorni fa dai finanzieri del Gico e da quelli della Tenenza di Jesolo. Le «fiamme gialle» hanno perquisito casa sua e i tre negozi di abbigliamento che gestisce al Lido di Jesolo. A denunciarlo, alcuni giorni fa, il ragioniere commercialista Nicola Nardin, che da giorni era finito sulle pagine dei giornali perché una quarantina di suoi clienti si sono visti recapitare cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate per Iva e contributi non versati nonostante gli avessero affidato i soldi per farlo. Stando a un primo accertamento, all’appello mancherebbero quasi due milioni di euro. Nardin, con una denuncia presentata il 31 marzo alla Guardia di finanza, avrebbe ammesso sostenendo che aveva usato i soldi dei clienti per pagare gli interessi su quel prestito di 70 mila euro, soldi che neppure gli sarebbero bastati per coprire il debito. Avrebbe riferito che, quando Tegon gli aveva prestato il denaro lui era stato costretto a firmare assegni in bianco in modo che avrebbe potuto essere ricattato in qualsiasi momento perché il commerciante avrebbe potuto metterli all’incasso in qualsiasi momento e farlo dichiarare insolvente, visto che erano scoperti. Ma da almeno due settimane, da quando i giornali avevano cominciato a occuparsi del «buco» lasciato da Nardin, Tegon gli avrebbe spiegato che non poteva certo presentarsi in banca a incassare con gli assegni firmati da lui, così avrebbe cercato di convincerlo a vendere gli immobili di famiglia per continuare a pagare gli interessi su quel prestito. Il ragioniere, a quel punto, avrebbe deciso di denunciarlo per usura. Mercoledì, Nardin doveva consegnare ulteriori duemila euro al commerciante, così la Guardia di finanza ha organizzato una consegna pilotata: le banconote sono state fotocopiate in modo che dopo la consegna, grazie al numero di serie, potessero essere recuperate. A consegna avvenuta, le «fiamme gialle» si sono presentate in negozio e hanno compiuto i controlli, ritrovando quel denaro. Ieri, il pubblico ministero di Venezia Stefano Ancilotto, che coordina le indagini, ha chiesto la convalida dell’arresto.
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