«Ristori puntuali anche se insufficienti. Lo stop è servito per ammodernarci»

VENEZIA. «Dopo un mese che abbiamo presentato la domanda per i ristori, i soldi sono arrivati sul conto corrente». Il venticinquenne veneziano Filippo Carlon guida l’azienda di famiglia Fertilseta, giunta alla terza generazione.
Nata negli anni ’50 con nonno Emilio Fertilio, come creazione e vendita di uniformi per settore turistico e poi abbigliamento da lavoro, durante lo stop dovuto al Covid ha dovuto affrontare un calo importante del fatturato. Ma lo stop è stato anche un momento per ridisegnare l’azienda del futuro «che vuole rimanere a lavorare a Rialto».
Carlon, come è andato il 2020 per voi?
«Purtroppo abbiamo registrato un’ingente perdita di fatturato se confrontata al 2019, che è stato uno dei nostri migliori anni».
Quando avete presentato domanda per i ristori e quando avete avuto i soldi sul conto?
«La domanda è stata fatta a metà novembre scorso, mentre il ristoro lo abbiamo ricevuto a metà dicembre».
A quale tipo di ristoro avete avuto accesso?
«L’istanza di contributo fondo perduto per centri storici, art. 59 del dl 14 agosto 2020».
Ci sono state delle difficoltà per eccedervi?
«C’è stata un po’di documentazione da presentare, ci siamo affidati al nostro studio di commercialisti, che ha svolto tutte le pratiche».
Quanto avete ricevuto?
«Solo qualche migliaio di euro».
Come valutate i ristori?
«Sono certamente insufficienti. Nel nostro caso purtroppo il calcolo dei ristori è stato fatto confrontando il fatturato di giugno dell’anno scorso, dove abbiamo registrato una piccola “ripresa” post Covid, rispetto all’anno scorso che avevamo fatturato molto poco».
Di cosa si occupa la vostra azienda?
«Negli ultimi anni ci stiamo specializzando sempre più nell’abbigliamento su misura, con divise personalizzate a costi accessibili anche per le piccole strutture alberghiere. Attualmente sono sei i collaboratori, mentre la produzione è realizzata da nostri terzisti in Italia. Abbiamo sfatato il mito che servano grandi commesse per avere divise personalizzate con cura e attenzione. Siamo principale operatore indipendente su Venezia».
Cosa è cambiato con il Covid per voi?
«Durante lo stop forzato abbiamo messo mano alla pianificazione e revisione dei nostri piani produttivi. È stato un momento di “decelerazione” in cui abbiamo analizzato e ottimizzato ogni processo della filiera per renderla efficiente. Ci siamo messi a tavolino con i nostri collaboratori a riscrivere le procedure aziendali, iniziare a creare sistemi di ripartizione dei costi per reparto (nelle strutture ricettive) e di area (per le aziende). Abbiamo introdotto inoltre la digitalizzazione nel processo produttivo».
Come vede la sua azienda tra qualche anno?
«Stiamo lavorando per portare la personalizzazione delle nostre divise anche al di fuori dal settore alberghiero, come ad esempio per le aziende di pulizia. Il nostro obiettivo è essere flessibili al cambiamento. E non ho intenzione di abbandonare Venezia, voglio di continuare a lavorare in città e con la città».
Niente e-commerce?
«Siamo un’azienda moderna che predilige il contatto umano, per nostra scelta continueremo a lavorare solo attraverso contatti personali». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia








