Rissa a Sant'Alvise, il protagonista: «Sono stato offeso e ho perso la testa, chiedo scusa»
VENEZIA. «Sono stato minacciato e hanno offeso me e mia madre. Ho perso la testa, volevo solo fargli paura. Mi scuso».
Così ieri mattina davanti al gip Andrea Battistuzzi ha parlato N.B., il 24enne di Sant’Alvise, di professione trasportatore, che è stato arrestato dalla polizia e portato in carcere per il naufragio a conclusione del parapiglia di sabato sera tra i canali ed in campo Sant’Alvise, conclusosi con un anziano e due fratelli picchiati con la catena della barca.
Il ragazzo, difeso dall’avvocato Marco Borella, si è avvalso della facoltà di non rispondere ma ha voluto rilasciare delle brevi dichiarazioni spontanee davanti al giudice. Anzitutto per chiedere scusa, poi per spiegare la propria posizione, ammettendo sì di aver avuto una reazione esagerata anche a causa dell’alcol assunto, ma perché era stato provocato.
Per lui la pm Paola Tonini aveva chiesto gli arresti domiciliari. Ma il giudice ha deciso per un più leggero obbligo di dimora a Venezia in attesa della prosecuzione delle indagini, non convalidando l’arresto per la mancanza della flagranza del reato.
Il 24enne, infatti, era stato individuato dopo una breve indagine. Secondo la ricostruzione fatta dalla difesa, tutto sarebbe iniziato con uno scambio di parolacce e sguardi tra N.B., che era in barca con la fidanzata, e il gruppetto rivale, all’altezza del canale di Sant’Erasmo.
Tra i componenti del gruppetto rivale, anche una ragazza che avrebbe telefonato al fidanzato a casa, riferendogli delle offese urlate da N.B. Il fidanzato avrebbe poi chiamato il 24enne, invitandolo a incontrarsi per un chiarimento a Sant’Alvise.
Ad attendere N.B. in campo ci sarebbero state tre persone, una delle quali avrebbe pesantemente minacciato la madre del 24enne. Ed a questo punto sarebbe scattata la miccia della violenza. N.B. avrebbe preso una catena per legare la barca e l’avrebbe scagliata - per difendersi - contro uno dei tre. Il parapiglia si sarebbe poi trasferito a bordo dei barchini con l’inseguimento e, riferisce N.B., solo un affiancamento del barchino “avversario” senza alcuno speronamento.
A testimonianza di questa versione, i segni trovati sull’imbarcazione che non sarebbero compatibili con quelli di uno speronamento. Il ragazzo a bordo era finito in acqua e il barchino privo di comando aveva iniziato a girare pericolosamente su se stesso. La volante della polizia con una manovra era riuscita a rovesciare l’imbarcazione per fermarla.
Ora la Procura potrebbe nominare un perito per la ricostruzione dello scontro che ha portato la pm alla contestazione del reato di naufragio. Nella concitazione degli attimi successivi al parapiglia si era diffusa la voce che fosse spuntato anche un coltello. Il 24enne ha negato di possedere la lama. Rinvenuta dalla polizia, invece, la catena per la barca. —
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