Risarcimento dopo le corna: nasce caso giudiziario

Tradisce il marito: il tribunale con sentenza innovativa la condanna a 10 mila euro di danni. Ma la Corte d’Appello di Venezia dà ragione a lei

VENEZIA. Chi mette le corna faccia attenzione: in gioco non c’è soltanto la rottura con il partner, ma anche il risarcimento dei danni. Proprio così. C’è una sentenza, emessa dal tribunale di Treviso, che impone alla moglie fedifraga il versamento di 10 mila euro al compagno per le «sofferenze morali» a lui causate con il tradimento. Il pronunciamento è ora al centro di una battaglia giudiziaria: la moglie si è rivolta infatti alla Corte d’Appello di Venezia che ha cancellato il risarcimento, ma un ricorso in Cassazione potrebbe riaprire il caso.

La vicenda riguarda marito e moglie trevigiani, due professionisti apparentemente innamorati e felici. La realtà è ben diversa: la signora comincia a cornificarlo e - qui sta il punto - lo fa con crescente disinvoltura tanto da mostrarsi in giro con il nuovo lui, mano nella mano al ristorante o in atteggiamenti affettuosi davanti ad amici comuni. Per il marito la scoperta del tradmento è una doccia fredda che lo induce a chiedere la separazione, ma anche qualcosa di più: il risarcimento danni. E il tribunale di Treviso, con una sentenza firmata dall’ex presidente del tribunale Giovanni Schiavon, gli dà ragione.

«Il tribunale ha pronunciato sentenza di separazione con addebito alla moglie, essendo emerso con chiarezza in corso di prove testimoniali e in sede di ctu che la separazione fosse stata causata dai comportamenti della moglie, palesemente contrari ai doveri del matrimonio», spiega l’avvocato Samantha Aloisi, legale del marito, «La causa della separazione andava ricondotta esclusivamente a una relazione extraconiugale della moglie che aveva deciso di troncare il matrimonio sino ad allora sereno e intraprendere da subito la convivenza con il nuovo compagno».

La novità non sta però nell’addebito, quanto nel risarcimento dei danni: «Il grave comportamento della moglie, palesemente contrario ai doveri derivanti dal matrimonio», prosegue l’avvocato Aloisi, «ha indotto il tribunale a condannarla al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subìti dal marito».

La donna, condannata a pagare 10 mila euro, non ci sta. E impugna la sentenza davanti alla Corte d’Appello. Le corna, è la sostanza del ricorso, non prevedono risarcimenti di sorta perché ciascuno ha diritto alle proprie scelte, nonché alla libertà e alla felicità. I giudici di secondo grado le danno soddisfazione: il tradimento della signora è stato fatto con modalità tali da non comportare danni di sorta al marito. E dunque nessun risarcimento gli è dovuto.

Fine della storia? Non esattamente. Perché c’è il terzo grado di giudizio, quello della Corte di Cassazione. Un’eventuale impugnazione davanti alla Suprema Corte riporterebbe sul tavolo la sentenza anti-fedifraghi. D’altra parte, sottolinea l’avvocato Aloisi, la giurisprudenza si era già espressa in questo senso. La Cassazione, sezione civile I, ha infatti riconosciuto che il giudizio di separazione può coesistere con la condanna al risarcimento del danno. In quel caso, precisa il legale, la Corte ha stabilito che il risarcimento dei danni sussiste quando la condotta del partner ha violato diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione incidendo sui beni essenziali della vita quali la salute psico-fisica, rapporti relazionali, privacy.

Insomma, i cornificatori sono avvertiti: se proprio devono tradire lo facciano con molta discrezione. E - come vuole la vecchia massima - neghino, neghino sempre, anche l’evidenza.

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