Ripresa dei consumi ma i negozi di Mestre continuano a chiudere
Per un negozio che apre, ne chiudono due, tre, quattro, altrettanti si spostano, si restringono, cambiano posizione, si trasferiscono online. A lanciare l’allarme è Confesercenti che ha registrato tra gennaio e agosto di quest’anno ben 91 botteghe in meno nel nostro Comune. «I consumi interni ripartono, seppure lentamente», si spiega in un comunicato, «ma la crisi del commercio non si arresta. I negozi tradizionali continuano infatti a diminuire, così come i pubblici esercizi: il saldo tra aperture e chiusure segna -25».
Il quadro emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti sulla natalità-mortalità delle imprese di commercio e turismo nel nostro territorio. «Rispetto agli scorsi anni», spiega Maurizio Franceschi, direttore di Confesercenti, «il mercato interno mostra qualche segnale di miglioramento, ma per i negozi tradizionali è sempre una fase difficile. L’emorragia di chiusure non si arresta e pesa sui negozi tradizionali la massiccia concorrenza della grande distribuzione e la deregulation delle aperture. Se non si interviene i negozi non agganceranno mai la “ripresina” dei consumi e continueranno a chiudere, con tutte le implicazioni economiche, occupazionali e sociali che ne derivano».
La diminuzione di negozi, secondo l’Osservatorio, riguarda praticamente tutti i settori merceologici. Particolarmente grave appare la crisi della moda: nei primi 8 mesi i negozi di abbigliamento e calzature sono diminuiti di 20 unità. Flessioni notevoli si rilevano anche per le edicole e i rivenditori di giornali e periodici.
I segnali della “resa” delle botteghe sono ben visibili nelle migliaia di saracinesche abbassate in tutta la regione che si affacciano su strade che erano il regno dello shopping, ma che ora sono sempre più deserte e sempre meno sicure: in Veneto il numero di locali commerciali sfitti ha raggiunto quota 50.925.
«Per agevolare il ripopolamento di botteghe», conclude il direttore di Confesercenti, «abbiamo proposto una diversa graduazione delle imposte locali e l’inserimento nella prossima legge di stabilità di una norma che permetta di introdurre canoni di locazione concordati e cedolare secca».
Indubbi i vantaggi. «In questo modo si favorirebbe la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe. Nonché un valore per tutti: il proprietario dell’immobile godrebbe di un beneficio fiscale, le attività commerciali di un canone ridotto e l’amministrazione comunale, oltre ad una maggiore entrata fiscale, favorirebbe la rigenerazione e la rivitalizzazione delle città».
Marta Artico
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