Rimborsi M5S, c'è una voragine nei conti

ROMA. Un buco di almeno 1,1 milioni di euro. Cresce di ora in ora la voragine dei mancati versamenti dei parlamentari M5S nel fondo di microcredito per la piccola impresa, fiore all’occhiello in questi anni del Movimento. E dopo lo scoop de Le Iene che ha svelato i casi di Cecconi e Martelli che hanno effettuato i bonifici bancari salvo ritirarli entro le 24 ore solo per mostrare con le ricevute di essere in regola con l’avvenuto pagamento, ora è panico nel vertice pentastellato. A due settimane dal voto il Movimento si trova a dover fronteggiare uno scandalo che potrebbe costare caro in termini di consenso. Soprattutto se, come circola con insistenza, nell’elenco dei morosi dovessero finire altri uomini vicinissimi a Luigi Di Maio.
Si parla di Barbara Lezzi e Maurizio Buccarelli. Buccarelli in serata si autosospende e ammette di aver compiuto «una leggerezza». Di Lezzi, che aveva annunciato per oggi la pubblicazione delle ricevute, invece non c’è traccia. Sparita dai radar. Ma Marco Canestrari, ex dipendente della Casaleggio e associati, su Facebook parla di bonifici sospetti anche per Vito Crimi, Mario Giarrusso e Danilo Toninelli. «Non so chi sono i nomi, in un paese normale la notizia sarebbe che abbiamo restituito 23 milioni di euro e che abbiamo fatto partire 7mila imprese», dice Luigi Di Maio che annuncia che tanto Cecconi quanto Martelli sono fuori dal M5S, «game over», dice. «Non sarà qualche mela marcia a inficiare questa iniziativa che facciamo solo noi, come sanno gli italiani da noi le mele marce si puniscono sempre», assicura il candidato premier del Movimento.

Ma la situazione è grave. Soprattutto se, come è sempre più chiaro, i casi di Cecconi e Martelli sono solo la punta di un iceberg. Oggi tutti i parlamentari del M5S sono stati precettati a Roma per fornire documentazione dettagliata dei rimborsi effettuati durante la legislatura. L’obiettivo è chiudere il prima possibile lo scandalo che rischia di travolgere il mito dell’onestà dei grillini. In mattinata il M5S ha chiesto anche la collaborazione del ministero dell’Economia per avere un quadro più chiaro di cifre che ora sembrano sempre più ballerine. Soprattutto perché nel fondo confluiscono anche i versamenti dei consiglieri regionali e dei parlamentari europei. «Abbiamo solamente una rendicontazione da parte del Mef dei fondi che affluiscono, ovviamente non sappiamo chi versa e chi non versa perché noi abbiamo la cifra totale ma la cosa che colpisce – dice il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda – è che non lo sappiano loro: se uno prende un impegno così grande e anche positivo, poi deve essere capace di gestire almeno questo perché altrimenti non si sa come fa a candidarsi alla guida del Paese».

In ogni caso la grana dei fondi spariti non è l’unica ad agitare il movimento. Mentre nelle chat interne esplode l’indignazione per i furbetti dello scontrino e tutto il partito è all’offensiva, Di Maio si trova a dover fronteggiare anche la grana degli impresentabili in lista per il 4 marzo. Dopo il caso Dessì, il leader politico del Movimento in mattinata annuncia che Catello Vitiello, in corsa nel collegio Campania 3 e risultato iscritto a una loggia massonica è fuori dalla corsa elettorale. «Gli è stato inibito il simbolo», dice. Ma Vitiello al passo indietro non ci pensa affatto. «Ero in sonno, non mi ritiro perché ho una dignità», dice a La Zanzara annunciando che a farsi da parte non ci pensa nemmeno, così come a firmare con il M5S un impegno a rinunciare alla candidatura se sarà eletto.
«Si sono trasformati in arca di Noè: scrocconi, truffatori e riciclati di altri partiti. E querelatemi se dico il falso», attacca Matteo Renzi. Nel frattempo, dopo due mesi di assenza a Napoli a dare manforte a Di Maio è riapparso Beppe Grillo. Ma il suo è quasi un discorso lunare. Grillo parla poco e soprattutto dei suoi temi. Ai rimborsi non fa cenno. «Non siamo tutti uguali, se ve lo dicono è un alibi che uno si crea per non fare nulla», assicura.
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