«Riccardo sapeva nuotare è una morte inspiegabile»
La disperazione del padre del 18enne affogato. La madre sedata in ospedale
CHIOGGIA. «Sembra impossibile. Ancora non riusciamo a credere che Riccardo non ci sia più».
Edi Bellemo sta sulla porta di casa, insieme alla figlia Valeria. A entrambi manca quasi la voce nel parlare del figlio (e fratello) annegato in laguna domenica pomeriggio. Ma quella che è stata peggio è la madre del ragazzo, Cristina Cavallarin. «Abbiamo dovuto portarla in ospedale e ora dorme solo grazie a dei sedativi», dice Edi. Domenica era stato un giorno di festa come tanti. Riccardo aveva salutato i genitori nel pomeriggio dicendo che sarebbe andato a fare un giro in barca con alcuni amici. «Non era la prima volta che andavano in quel posto, anche se io glielo avevo sconsigliato», racconta il padre del ragazzo, «noi siamo andati in spiaggia e, con Riccardo, dovevamo vederci per cena. Poi lui sarebbe uscito di nuovo con gli amici, credo, come faceva quasi sempre in queste serate».
Sulla bacheca facebook del giovane, proprio per quella sera, c’è l’invito a un evento di musica techno. Chissà se aveva pensato di andarci. La giornata è trascorsa così, normalmente, fino alle 20.30. «Ero ancora in spiaggia», ricorda Edi, «quando mi è arrivata la chiamata della capitaneria di porto». Non l’annuncio della morte del ragazzo che, a quell’ora, era stato già ritrovato: certe cose non si possono dire ai genitori per telefono. «Mi hanno detto che era successo un grave incidente, che dovevo andare subito da loro, che era urgente, ma non mi hanno spiegato nulla di più». Quello che era accaduto, il padre di Riccardo, l’ha saputo dal personale della guardia costiera poco più tardi. Ma sempre in maniera approssimativa, perché i ragazzi che erano con suo figlio non li ha mai incontrati. «Non ci hanno chiamato loro, o i loro genitori, e non li abbiamo cercati noi. Non sappiamo cosa sia successo. Di sicuro Riccardo sapeva nuotare bene ed era in ottima forma fisica». A riprova cerca di elencare i successi sportivi del figlio, ma sono talmente tanti che anche il padre deve approssimare: «Cinque o sei volte campione italiano, altre quattro la coppa del mondo, a settembre sarebbe andato in Macedonia con la nazionale per i campionati europei».
Un palmares di tutto rispetto che rende difficile spiegare come possa essere annegato. Ma un malore improvviso può capitare a chiunque. «Era un ragazzo allegro, vitale, generoso», aggiunge il padre, «ma era anche il “piccolo” di casa: aveva 18 anni (ne avrebbe compiuti 19 a novembre) e le sue sorelle Valeria e Alessandra, ne hanno 25 e 34. Mancherà moltissimo a tutti noi». Lo stesso rimpianto che esprime Nicola Traina, il suo allenatore di kickboxing. «Riccardo dovrebbe essere preso a esempio da molti giovani della sua età, che non hanno, o non riescono a esprimere, la sua serietà, la sua dedizione, il suo altruismo e generosità nei confronti dei compagni di squadra e dei ragazzi più giovani. Era con noi, nella Eurokickboxing, da più di sette anni ed era sempre pronto a fornire consigli e dare aiuto a chiunque glielo chiedesse. Non si tirava mai indietro e divideva la sua vita tra gli allenamenti, e il lavoro con il padre come elettricista. Per noi era, soprattutto, uno di famiglia».
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