Restauri in chiesa. Prete truffato

Banda di nomadi si offriva con nomi falsi. Denunciati dall’Arma
CHIOGGIA. Si presentavano ben vestiti, con depliant e biglietti da visita a preti, suore e responsabili di istituti religiosi, anche di Chioggia, offrendosi di restaurare o lucidare oggetti sacri. Il raggiro consisteva nel concordare un preventivo che, all’atto della riscossione dei soldi, veniva regolarmente disatteso e quanto meno raddoppiato.


In questo modo, coglievano di sorpresa i religiosi che, seppur contestando il prezzo, venivano minacciati. E così sette componenti della famiglia Levak, cinque uomini e due donne, che vivono in un campo nomadi di Paese, in provincia di Treviso, sono stati denunciati dai carabinieri della compagnia di Castelfranco per truffa aggravata ed estorsione.


Avrebbero incassato illecitamente dalle truffe qualcosa come 150.000 euro, raggirando una cinquantina di religiosi del Nord Italia tra cui un prete a Conegliano, 4 a Belluno, uno a Chioggia ed uno a Verona. Il resto dei raggiri sono stati messi a segno in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Liguria. Altri però, specie a Chioggia, potrebbero essere passati sotto silenzio.


L’indagine è iniziata dopo che i carabinieri della stazione di Vedelago, durante una perquisizione ad un membro della famiglia Levak per tutt’altra vicenda, trovarono alcuni depliant, con relativi biglietti da visita, in cui veniva pubblicizzata l’opera di restauro e lucidatura di oggetti sacri, oggetti cioè, per cui è richiesta una particolare competenza. Solo che nei biglietti da visita non c’erano nomi dei Levak ma nomi inventati. Il tutto per non far risalire alla loro origine nomade e magari a vicende ricollegabili a guai con la giustizia che al giorno d’oggi si possono anche apprendere nel mondo del web.


Da qui il sospetto che dietro a quell’attività si nascondesse affare illecito ha spinto gli investigatori a iniziare un’indagine che ha portato alla denuncia dei sette componenti della famiglia Levak, cinque uomini tra i 26 e i 50 anni, e due donne di 48 e 50 anni sui cui conti correnti confluivano i soldi illecitamente acquisiti.




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