Resta invalida ma la banca esige le rate del mutuo

Una donna di 39 anni si ammala all'improvviso in modo grave e definitivo. L'Inps le riconosce l'invalidità all'80% ma l’assicurazione, che fa parte dello stesso gruppo creditizio che ha erogato il prestito, non riconosce una quota della malattia. Lei ora è rovinata

SANTA MARIA DI SALA.  Invalida quasi totale per una grave malattia fisica, ma la compagnia assicurativa non paga perché ritiene che parte dell’invalidità sia psichica. Vittima di un caso di “malassicurazione” una trentanovenne di Santa Maria di Sala: nel 2011 la donna accende un mutuo da 50 mila euro e contestualmente stipula la polizza assicurativa prevista in questi casi con una compagnia dello stesso gruppo bancario.


Purtroppo poco dopo si ammala di una grave patologia che le impedisce di lavorare e, di conseguenza, di pagare le rate del finanziamento. L’Inail le riconosce un’invalidità dell’80% e quindi la trentanovenne presenta domanda di estinzione del mutuo alla compagnia assicurativa in forza del contratto, che prevede appunto il pagamento dell’intero finanziamento in caso di invalidità superiore al 66%. La compagnia però rigetta l’istanza: sostiene che una componente dell’invalidità, guarda caso del 20%, sia di natura psichica, caso per cui non è prevista l’estinzione del mutuo.

Ora la donna salese, oltre alla grave malattia, si trova anche economicamente in ginocchio: senza lavoro, invalida quasi totale per tutti, un po’ meno per la sua assicurazione, si trova sommersa dalle rate arretrate di cui la banca esige il pagamento, pena inserirla nella lista “cattivi pagatori” e rovinarla.


Per far valere i suoi diritti la donna si è rivolta, attraverso la consulente Nadia Toffano, allo Studio 3A, che ha deciso di intraprendere una battaglia con la compagnia assicurativa: non tanto per l’esclusione del danno psichico, che è facoltà della compagnia stessa inserire tra le clausole del contratto, quando per l’interpretazione della polizza, visto che la componente psichica appare ovviamente essere diretta conseguenza della malattia.
«Guarda caso la compagnia assicuratrice è dello stesso gruppo della banca che eroga il finanziamento», nota lo Studio 3A, «è chiaro che la compagnia non ha alcun interesse a pagare: se lo facesse, sarebbero gli stessi soldi del finanziamento, che per il gruppo vorrebbe dire perdere integralmente i frutti dell’operazione». Per l’amministratore di Studio 3A Ermes Trovò: «È l’ennesimo disumano caso di “malassicurazione”, dove la compagnia fa leva su tutte le clausole pur di non pagare. La signora è vittima di un vergognoso sopruso, viste anche le sue condizioni di salute».

 

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